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MOSCA  1980  

Le Olimpiadi del 1980 vanno ricordate per il primo grande boicottaggio della storia olimpica voluto soprattutto dal presidente degli Stati Uniti, Jmmy Carter, per l’invasione dell’Afghanistan, avvenuta il 27 dicembre 1979 da parte dell’URSS. Guardando alle prossime elezioni presidenziali, Carter ingaggiò un tenace braccio di ferro per avere l’appoggio di altre nazioni.
Il CIO aveva cercato con ogni mezzo di contrastare la linea intransigente degli Stati Uniti e dopo la 82° Sessione del CIO, nel febbraio 1980 a Lake Placid, non si arriva a nessuna composizione. Vani risultano anche, un accorato intervento di Juan Antonio Samaranch, futuro presidente CIO e contatti diretti tra il Presidente del CIO, Lord Killanin, con Leonid Brejnev al Kremilino e, di seguito, con Jimmy Carter alla Casa Bianca
FOTOIn seguito 16 rappresentanti di Paesi europei si incontrano a Bruxelles il 22 marzo e “confermano la loro determinazione ad assicurare la libera partecipazione degli atleti dei loro paesi” lasciando appunto liberi i propri atleti di decidere. Questa libertà non viene concessa agli atleti americani e Carter minaccia il ritiro dei passaporti a qualsiasi atleta che tenti di partecipare. Alla fine, ben 65 nazioni rifiutano l’invito alle Olimpiadi e probabilmente una cinquantina di esse lo fanno in ossequio alla richiesta degli USA.
FOTOL’Italia, dopo un confronto tra CONI e Governo, parteciperà ai Giochi, ma senza atleti militari, senza tricolore e senza inno nazionale. E tale decisione sarà presa anche da Gran Bretagna e Francia.
Alcuni sport come la vela, l’hochey su prato l’atletica e soprattutto il nuoto maschile sono particolarmente colpite da questo boicottaggio. Tuttavia i Giochi si svolgono in grande pompa e vengono anche stabiliti più record che nel 1976.
A seguito dell’assenza delle potenze tradizionale quali Germania Ovest, Giappone, USA, i tifosi sovietici si sfogano fischiando i polacchi ed i tedeschi dell’Est.
Malgrado l’assenza di tanta gente i Giochi si aprono con una cerimonia spettacolare di quattro ore, superando di molto le ambizioni dei loro predecessori. Circa 16.000 figuranti eseguono esercizi diversi al centro dello stadio olimpico. Su di un lato delle tribune, 3.500 persone formano la gigantesca silhouette della mascotte dei Giochi di Mosca, il piccolo orso Misha. La fiamma, che era stata trasferita da Atene, viene accesa elettronicamente dalla tribuna d’onore, senza che nessun teoforo debba salire fino al grande braciere che poi conserverà la fiamma per tutto il periodo.
Sono i primi Giochi organizzati da un paese comunista e vi partecipano, grazie al boicottaggio, solo 80 nazioni con un totale di 5.929 atleti. I Sovietici, che hanno sempre figurato nelle edizioni precedenti tra le prime tre nazioni, in questa Olimpiade fanno la parte del leone, avvantaggiati dal fatto di partecipare in casa e dall’assenza di molti campioni titolati dei paesi dell’ovest: guadagnano 80 medaglie di oro, 69 d’argento, e 42 di bronzo.

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Nel nuoto viene a mancare il confronto con gli americani che a Montreal avevano perso una sola gara delle 13 in programma, conquistando il record mondiale in 11 specialità. Il ventenne Vladimir Salnikov ottiene il record mondiale nei 1.500m ed il record olimpico nei 400 vincendo l’oro anche nella staffetta 4X200. Non di meno fa il suo compatriota Segei Kopliakov con due ori, un argento e che batte il record del mondo nei 200m. stile libero. Sempre nel nuoto le atlete della Germania dell’Est fanno il vuoto e delle 33 medaglie in palio ben 24 vanno a questa squadra che batte anche sei record mondiali; pur mancando di Kornelia Ender, guadagnano tre ori con Barbara Krause e con la quindicenne Rrica Reinsch (anche record mondiale nelle tre prove), e due ori con Ute Geweniger. Però tutti questi successi nel campo femminile sanno molto di doping! E, stranamente, in netto contrasto con le Olimpiadi precedenti e con quelle che seguiranno, in questa edizione non vi sono riscontri positivi nelle prove contro il doping.
A quattro anni di distanza la romena Nadia Comaneci, regina a Montreal, si presenta con qualche chilo in più (non è più ragazzina ma giovane donna) e deve gareggiare, nel concorso individuale, con giudici palesemente di parte. A nulla valgono le vibranti proteste del suo allenatore e la medaglia di oro va alla sovietica Bela Karoly. A Nadia la magra consolazione di due titoli parziali (per un totale di nove medaglie in due Olimpiadi) nel concorso a squadre, ove anche qui, la Romania, grazie ai giudici, sarà seconda dietro alla squadra sovietica.
Il ginnasta russo Nikolai Andrianov, che aveva pronunciato il giuramento dell’atleta, vince cinque medaglie portando a 15 il totale della sua carriera: sette ori, cinque argenti, tre bronzi; il suo compagno di squadra Aleksander Dityatin riporta otto medaglie nelle otto prove per uomini, cosa mai fatta da nessuno, vincendo l’oro nel concorso generale, individuale e per squadre (esercizi combinati) ed agli anelli, l’argento nel salto del cavallo, alla barra fissa, al cavallo con maniglie e alle parallele ed una ultima medaglia di bronzo agli esercizi al suolo; sarà il primo uomo ad ottenere un 10, cosa fatta dalla Comaneci che ne aveva ottenuti ben sette a Montreal.

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L’etiope Miruts Yifter, assente alle Olimpiadi precedenti per boicottaggio, brucia tutti sui 5.000 e 10.000 metri, con il suo caratteristico cambio di velocità, come aveva già fatto in due edizioni della Coppa del Mondo precedenti; ne uscirà sconfitto anche Lasse Viren che, dopo gli allori di Montreal, cerca ancora successo. Nella maratona fa il bis il tedesco dell’Est Waldemar Cierpinski, sicuramente avvantaggiato dall’assenza degli atleti americani e giapponesi. Nei 400 ostacoli vince il tedesco orientale Volker Beck, sull’ altro tedesco ma occidentale Harald Schimd, eterno secondo che non approfitta dell’assenza dell’ americano Edwin Moses, imbattuto negli ultimi anni. Nel mezzofondo si incontrano gli eterni rivali: gli inglesi Steve Ovett e Sebastian Coe. Il primo vince negli 800m. bruciando negli ultimi metri un Coe che già si credeva vincitore, mentre nei 1.500 metri, dove non può sbagliare, Sebastian Coe, con una gara accorta, conquista il primo posto davanti al tedesco dell’Est Jurgen Straub e con Ovett al terzo posto. Ed è secondo il sovietico Viktor Saneyev nel triplo, sfidando la quarta vittoria consecutiva, come aveva fatto nel disco l’americano Al Oerter. Nel settore femminile dell’atletica, solo Sara Simeoni (salto in alto) e la cubana Maria Colon (giavellotto) spezzano la supremazia URSS - DDR.
In campo maschile tre atleti fanno dimenticare il boicottaggio: il sovietico Viktor Markin vince i 400m. con primato europeo, il tedesco orientale Lutz Dombrowski vola nel salto in lungo con la seconda misura di tutti i tempi mentre un altro tedesco orientale, Gert Wessig, vince con record mondiale nel salto in alto. E nelle brevi distanze lo scozzese Allan Welles brucia nei 100m. il giamaicano Donald Quarrier mentre “lo zar di Barletta” Pietro Mennea non sbaglia nei 200m., e con una grande rimonta nel rettilineo finale, si mette al collo la medaglia più prestigiosa della sua carriera. Il polacco Wlady Kozakiewicz, invece, record mondiale nel salto con l’asta, saluta con il classico gesto… dell’ombrello il pubblico russo, che sosteneva il loro pupillo Kostantin Volkov, classificatosi terzo.
Per lungo tempo dominato dall’India, che aveva perso il suo rango nel 1968, il torneo di hockey ritorna di nuovo a questa nazione; seconda risulta la Spagna e terza la Russia. Per la prima volta compare anche l’hockey femminile, ma il boicottaggio lo aveva privato di molte nazioni e per organizzare il torneo, il CIO, invita lo Zimbabwe, che si presenta con spirito piuttosto goliardico, ma …vince!.
I cubani dominano nel pugilato ove il super massimo Teofilo Stevenson diventa il primo pugilatore a vincere tre medaglie d’oro successive nelle stessa categoria.
L’ucraino Valentyn Mankin vince l’oro di vela nella categoria “star” diventando il primo velista a vincere tre ori in tre categorie diverse (“finn” nel 1968, “tempest” nel 1972).
E chi partecipa alla premiazione del “due senza” nel canottaggio rimane stupefatto nel vedere che entrambe le coppie erano costituite da gemelli perfettamente identici: Bernd e Jorge Landvogt tedeschi orientali vincono l’oro ed i russi Yuri e Nikolai Pimenov l’argento.
FOTOForse avvantaggiata da assenze importanti l’Italia conclude queste olimpiadi con 15 medaglie di cui 8 di oro. Ben tre provengono dall’atletica leggera con Pietro Mennea, Maurizio Damilano e Sara Simeoni.
Mennea (dopo il terzo posto di Monaco ed il quarto di Montreal) ai Giochi studenteschi tenutesi in Messico nel ’79 aveva corso in 19.72 superando il record mondiale di Smith ottenuto nel ’68; ma qualche mese prima delle Olimpiadi, a Torino, durante i Campionati europei, viene battuto dall’inglese Allan Wells, “the beast” (la bestia) con grande risonanza nella stampa mondiale. E a Mosca il “principe di Barletta”, che deve riscattare l’onta subita, dopo un inizio incerto, riesce, con un recupero eccezionale, a rinvenire su “the beast” ed a superarlo sul filo di lana per due centesimi. Tra l’altro Mennea, esponente socialdemocratico, aveva corso contro le direttive del suo partito che si era schierato a favore del boicottaggio.
Merita un inciso la vittoria di Damilano. Dopo le Olimpiadi di Montral ‘76 erano comparse fotografie del vincitore, il messicano Bautista Rocha, con entrambi i piedi sollevati da terra (praticamente correva!). Chiamata implicitamente in causa, la giuria decide, qui a Mosca di essere particolarmente rigida; ed il primo ad essere squalificato è proprio Bautista, seguito da un altro favorito, il sovietico Anatoly Solomin e poi da altri. E così per la famiglia Damilano arriva il giorno più bello anche perché oltre al primo posto di Maurizio si festeggia l’undicesimo del fratello gemello, Giorgio.
E Sara Simeoni qui a Mosca mette al collo la medaglia più prestigiosa (dopo il sesto posto di Monaco ed il secondo di Montreald) ottenendo anche il record olimpico con 1,97 battendo la polacca Urszula Kielan e la tedesca Jutta Kirst (entrambe con 1,94) lasciando al quarto posto la vincitrice dei giochi precedenti la tedesca Ackermann. Ed il pensiero di Sara ritorna alla sua gioventù, quando a 12 anni aveva abbandonato la danza perché troppo alta e con i piedi grandi per diventare ballerina.
Ori anche dal pugilato con Patrizio Oliva (anche premio come miglior pugile di tutto il torneo), dalla lotta con Claudio Pollio nella categoria minimosca e – fatto storico – dal judo con Ezio Gamba.
Tiro a volo ed equitazione, che ci hanno abituato a successi, non tradiscono e arrivano medaglie pregiate nella fossa olimpica con Luciano Giovannetti e nel concorso completo con Federico Euro Roman, che trascinerà poi anche la squadra all’argento. In questo sport seguendo le direttive internazionali, la Federazione Italiana cerca di bloccare gli atleti, ma l’interveto del CONI, che afferma la proprietà dei cavalli, consente la partecipazione.
Un risultato storico è sicuramente l’argento nella pallacanestro, con l’Italia che perde sì con la Jugoslavia, ma ha la grandissima soddisfazione, oltre del secondo posto, anche di battere i giganti russi, padroni di casa.