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HELSINKI 1952

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Nel luglio del 1952 viene eletto presidente del CIO l’americano Brundage (5° alle Olimpiadi di Stoccolma nel pentathlon) che sostituisce lo svedese Elvstrom. Quest’ultimo, vicepresidente del belga Baillet-Latour, aveva di fatto operato come presidente in quanto la Svezia, paese non belligerante gli aveva permesso di muoversi, tenendo in qualche modo i collegamenti tra i vari Comitati Nazionali Olimpici; Elvstrom era stato poi acclamato presidente nella prima riunione del Comitato olimpico post-guerra del settembre del ‘46, essendo morto Baillet-Latour ancora nel gennaio del ‘42.
Finita la guerra mondiale il CIO si trova così ad affrontare i primi problemi. In Germania lo scioglimento delle Società sportive e la divisione della Germania in quattro settori crea difficoltà anche perché la Germania Ovest, viene accolta in seno al CIO nel 1951 mentre la Germania dell’Est, che fonda il suo Comitato nel ‘51, vede la sua richiesta respinta più volte, in quanto il movimento olimpico sperava nella riunificazione delle due Germanie.
 E pertanto ad Helsinki gareggiano solo atleti della Germania Ovest (a parte una piccola rappresentanza della Sarr).
Intanto anche nell’estremo oriente sorgono difficoltà. Nell’ottobre del ‘49 Mao-Tse-Tung proclama la Repubblica Popolare Cinese e il governo militare di Chiang-kai-shek si rifugia a Taiwan portando con se la titolarità del Comitato Nazionale Olimpico e la possibilità di partecipare alle Olimpiadi. In effetti ad Helsinki dovevano partecipare anche atleti della Cina Popolare, in quanto già iscritti prima della divisione politica, ma, arrivando con 10 giorni di ritardo per problemi amministrativi, non parteciperanno a nessuna gara.
Anche la Russia nel 1951 aveva intanto fondato il suo Comitato Olimpico e, dopo una rapida ammissione al CIO, partecipa alle sue prime Olimpiadi.
In sede di presentazione le città candidate a sede olimpica hanno, per la prima volta, mezz’ora di tempo per illustrare i propri meriti, ed Helsinki si era imposta, fin dal ’47, su Amsterdam.

fotoHelsinki è una delle più piccole città sede di Olimpiadi che soffre ancora delle conseguenze economiche della guerra; e per questi motivi non può e non vuole organizzare dei Giochi fastosi ed onerosi. Il  Comitato organizzatore è dunque interessato a ridurre  il programma m e propone di limitare il torneo di calcio a 16 squadre (che dovevano qualificarsi prima in incontri eliminatori); inoltre cerca di sopprimere totalmente le prove di scherma e di ginnastica femminile.  Anche perché per lo sport agonistico femminile c’era in Finlandia una grande riserva di natura generale, essendosi accertati “i rischi” che ne potevano scaturire per la salute delle donne.
Come nel ’48 a Londra sono le Federazioni Internazionali che, stabiliscono il programma olimpico; nessuna comunque è disposta a fare concessioni! Non sorprende quindi che le proposte finlandesi, presentate fin dal 1949, in un documento dettagliato alla Commissione CIO, non siano praticamente prese in considerazione. Anzi, malgrado la messa in guardia dei finlandesi contro “una crescita dei giochi”, di difficile gestione, vengono aggiunte 13 prove al programma (rispetto al ’48) portandole a 149.  Solamente la Federazione Hochey si dichiara pronta a limitare a 12 le squadre olimpiche e l’idea di organizzare un torneo di qualificazione per il calcio viene rinviata al 1960.
Ma è tuttavia un punto sul quale il CIO ascolta le esigenze dei finlandesi: sostituire i concorsi d’arte con una esposizione. Cosa che di affatto avviene nonostante le proteste greche. E così per la prima volta si abbandona l’idea di Coubertin, che concepiva i Giochi come risultati non solo fisici ma anche intellettuali ed artistici.
Così il 19 luglio cominciano nella capitale finlandese i giochi della XV Olimpiade cui partecipano 4925 concorrenti (di cui 518 donne) rappresentanti 69 Comitati Olimpici.
Gli organizzatori, anche per provocazione, prendono come ultimo teoforo Paavo Nurmi idolo finlandese, plurimedagliato nelle edizioni precedenti e poi squalificato a vita nel ’32 per infrazione alle regole amatoriali. La protesta contro il CIO ed il suo ex -presidente Edstrom, cui i finlandesi avevano serbato rancore per la squalifica del loro idolo, arriva al culmine con il giro di pista del teoforo, che, dopo aver acceso la fiamma consegna la torcia ad Hannes Kohlmainene, vincitore olimpico nello sci di fondo nel 1012 e 1920, che accende una seconda vasca in ricordo dei Giochi soppressi del 1940 per l’evento bellico. Ed in un momento di commozione generale, gli atleti riuniti nel centro dello stadio, rompono i ranghi per raggrupparsi in ordine sparso, come segno di amicizia e fraternità, attorno a questi due personaggi, vere leggende viventi.
E sembra giusto che le prodezze più emozionanti in questa edizione olimpica siano quelle di un altro fondista, il cecoslovacco Emil Zatopek che aveva già vinto l’oro nei 10.000m. e l’argento nei 5.000m. nelle Olimpiadi precedenti. Ma qui ad Helsinki si supera vincendo l’oro nei 10.000m.e dopo quattro giorno ancora l’oro nei 5.000m. (nello stesso giorno sua moglie, Dana Zatopkova, vince l’oro nel giavellotto); ma Zatopek entra nella storia olimpica quando, tre giorni dopo, si impone anche nella maratona (con oltre due minuti di vantaggio), unico atleta ad aver vinto nei tre eventi.
La squadra sovietica che partecipa, appunto per la prima volta, arrivando seconda nella classifica generale, dietro agli Stati Uniti, alloggia in una nave all’ancora, separata dal resto egli atleti, nel timore che la guerra fredda, ormai esplosa tra i due blocchi continentali, provocasse incidenti. Ma anche Ungheria, Polonia, Bulgaria, Romania e Cecoslovacchia non alloggiano nel moderno villaggio olimpico.
Particolarmente impressionanti sono i ginnasti sovietici che solo con Viktor Chukarin guadagnano quattro ori e due argenti cui non è da meno la sua compagna Mariya Gorokhovskaya che mette al collo ben sette medaglie anche se solo due sono di oro. Inizia così una lunga serie che sarebbe continuata per 40 anni, finché l’Unione Sovietica sarà divisa in più repubbliche distinte.
Dopo Zatopek altri atleti ripetono gli allori di Londra: negli 800 ancora primi e secondi lo statunitense Malvil Whitfield ed il giamaicano Arthur Wint; nei 110 ostacoli oro per l’ostacolista americano Harrison Dillard, che aveva vinto in precedenza i 100 piani; nel decathlon ancora Robert Mathias che nella precedente edizione aveva stupito vincendo a soli 17 anni; ed è ancora oro per il marciatore svedese John Mikaelsson sui 10 km.
Una delle atlete più versatili del 1952 risulta la russa Aleksandra Chudina che ottiene una tripletta con argenti nel salto in lungo e nel giavellotto ed un bronzo nel salto in alto.
Sempre nell’atletica fa scalpore la vittoria del pastore metodista dell’Illinois Robert Richards, già bronzo a Londra. Irrequieto, con una infanzia turbolenta che quasi lo porta al riformatorio, si avvicina poi alla religione, diventando sacerdote senza abbandonare però l’ atletica, che è la sua grande passione; al termine delle oltre cinque ore di gara si inginocchia nella pista ringraziando pubblicamente Dio.
Forse la prime donna a competere contro gli uomini è la danese Lis Harthel nel dressage equestre; malgrado paralizzata dalle ginocchia in giù, per un attacco di poliomielite, la Hartel, che doveva essere aiutata a montare e smontare da cavallo, vince la medaglia d’argento. foto
Nel 1924 Bill Havens doveva rappresentare gli USA nell’otto con timoniere, ma rinunciò per seguire la moglie in attesa del loro primo figlio; ventiquattro anni dopo quel figlio, Frank, vince qui la medaglia d’oro per il Canada, nei 10.000m. singolo di canoa.
Nella staffetta 4x400 la squadra giamaicana, che nel ’48 aveva perso per uno strappo muscolare del terzo frazionista, si ripresenta nella stessa formazione e riesce a battere gli americani stabilendo anche il record mondiale.
Nei 100m. piani quattro atleti sono accreditati dello stesso tempo (10.4) e soltanto il fotofinish darà la vittoria all’americano Lindy Remigino davanti al giamaicano McKenley.
I Giochi di Helsinki - “Olimpiadi del povero” come li aveva soprannominati il Presidente del Comitato Organizzatore Von Frenckell - saranno ricordati non solo per la precisione con la quale furono organizzate le prove sportive, ma anche e soprattutto per l’ospitalità della popolazione finlandese, a tal punto da farli qualificare come “l’Olimpiade della generosità”.

E l’Italia in questa Olimpiade si difende anche se non brilla come nelle edizioni precedenti.
Anche qui la maggior parte delle medaglie viene dalla scherma con quattro ori, quattro argenti ed un bronzo. La parte del leone la fa il milanese Edoardo Mangiarotti, che sale sul podio ben quattro volte, trascinando al massimo titolo anche la squadra (che oltre a Mangiarotti comprendeva Giuseppe Delfino, Carlo Pavesi, Roberto Battaglia, Franco Berretti). Nel fioretto, la triestina Irene Camper (patavina di adozione) dopo un durissimo barrage con la campionessa uscente, l’ungherese Ilona Elek, mette al collo la medaglia più prestigiosa.
fotoE nel ciclismo le conferme vengono nella velocità (Enzo Sacchi) e nel quartetto di inseguimento (Guido Messina, Morino Morettini, Mino de Rosso, Loris Campana) che in finale si sbarazzano facilmente del Sud Africa. Ma le medaglie forse più inattese e quindi più care vengono in questa Olimpiadi dall’atletica e dalla vela.

Il primo oro arriva dalla marcia dei 50 chilometri che vede Pino Dordoni, atleta piacentino di grande stile, emergere con un finale accorto e travolgente sullo svedese John Ljunggren; un po’ di merito per questa vittoria spetta anche al massaggiatore di Dordoni, Menarini, che lo seguiva in bicicletta canticchiando motivi briosi per alleggerirgli la fatica.
Il secondo oro proviene da due istriani: Agostino Straulino e Nicolò Rode che dopo sei regate estremamente tirate portano la loro imbarcazione, “Merope,” all’oro nella classe “star”; classe sicuramente a tutt’oggi più diffusa a livello mondiale e  più vecchia in sede olimpica.