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BERLINO 1936  

Quando nella sessione olimpica di Barcellona del 1931 viene scelta Berlino città olimpica per il 1936, (contro le candidature di Budapest, Roma, Barcellona) nessuno può prevedere che in appena due anni ci sarebbe stata la scalata al potere di Adolf Hitler e del partito nazista.
E subito dopo l’assegnazione si hanno i primi contrasti tra il Comitato Olimpico Tedesco ed il NSDAP (partito nazional socialista tedesco, appoggiato anche dalla stampa locale). Quest’ultimo infatti pur accordando allo sport un ruolo importante sia a livello militare che a livello di immagine per un “uomo nordico, bello e forte” non condivide di fatto i presupposti dei Giochi Olimpici (bollati da Hitler “un indegno festival gestito e dominato dagli ebrei”).
Ma Goebbels, primo ministro, intuisce le immense possibilità che i Giochi hanno per promuovere l’immagine del regime, e tramite Hitler, che si ricrede, dà ampie garanzie in merito“.. il NSDAP non ostacolerà i Giochi olimpici, e non si opporrà alla partecipazione di persone di colore”.
Molti non credono a queste garanzie ed alcuni paesi (tra cui gli USA), cominciano a parlare di boicottaggio, anche perché il “nuovo ordine” tedesco esclude l’accesso dei “non Ariani” alle associazioni sportive.
Di fronte a queste proteste, l’apparato di governo da ulteriori garanzie sulla possibilità degli “ebrei” di presentarsi ai Giochi ed equivocando così sul termine “non Ariano” ed “ebreo”, con questo stratagemma, convince i più scettici, che gli ebrei avrebbero potuto gareggiare.
Ma tutte queste dichiarazioni erano in netto contrasto con la vita reale degli ebrei, che privati anche della cittadinanza tedesca e impossibilitati a conseguire matrimoni misti, sempre più emarginati, avevano ben altro a cui pensare!
E di fronte a nuove proteste Hitler, promette anche di togliere tutti i manifesti che potevano impressionare i visitatori, manifesti che già da tempo recitavano che “gli ebrei erano indesiderati”. Anche Avery Brundage, presidente del Comitato Olimpico americano (futuro presidente del CIO e proprietario peraltro di un club sportivo vietato alle persone di colore), dopo un viaggio di verifica in Germania, annuncia che la politica non deve turbare i Giochi, confermando la partecipazione della squadra americana.

E così i Giochi cominciano, con inno ufficiale di Richard Strauss, sotto le croci uncinate, con soldati in uniforme ed al saluto di “Heil Hitler!”; e la bandiera olimpica, creata da Coubertin nel 1913,che simboleggia la fratellanza tra i popoli con i cinque cerchi allacciati dei colori di tutti i continenti, sventola vicino alla bandiera nazista, sinistro simbolo di un decadimento ideologico.
Vi partecipano 4.066 concorrenti (di cui 328 donne) che rappresentano 49 nazioni in 129 prove di 18 sport.
Ma Berlino porta altre innovazioni. Per la prima volta la fiamma olimpica parte da Olimpia e viene portata a Berlino, in 12 giorni, attraversando sette paesi europei; era stata accesa davanti al tempio di Hèra utilizzando uno specchio parabolico, e successivamente passata di mano in mano in una Personaleetta di 3.075 teofori. Inoltre i Giochi sono trasmessi in circuito televisivo a circuito chiuso, con 25 televisori giganti, per tutte le persone che non possono
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accedere allo stadio. Viene prodotto anche il primo film ufficiale – “Olympia” – diretto da Leni Riefenstahl, che doveva risultare un’opera di propaganda nazista, ma finisce per essere una celebrazione dell’animo umano La pallacanestro, la canoa e la pallamano fanno il loro esordio. Le prove sono organizzate in modo perfetto e lo stadio, che era stato costruito per le olimpiadi del 1916 – non disputate per la guerra mondiale -, è stato completamente
rinnovato e migliorato (saranno 110.000 i posti a sedere e verranno istallati moderni dispositivi di cronometraggio). I comunicati ufficiali sono diffusi in 14 lingue ed il Rapporto Ufficiale, elaborato alla fine della manifestazione in due volumi, rappresenta tutt’oggi un esempio di letteratura sportiva accurata e completa sotto l’aspetto della forma e della sostanza.
Anche il villaggio olimpico (che comprende atleti maschi mentre le donne sono alloggiate in prossimità dello stadio) supera di gran lunga tutte le analoghe tipologie precedenti con 150 abitazioni in muratura, ristoranti con ben 38 refettori, cinema, ospedale, piscina e campo di allenamento.
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Nella prima giornata di gare il poliziotto tedesco Hans Wooelke trionfa nel lancio del peso seguito dal finlandese Sulo Barlund a dall’altro tedesco Gerhard Stock: Hitler, radioso, si congratula personalmente con i tre atleti, cosa non ammessa dal protocollo; ma sparisce del tutto quando due negri americani, Cornelius Jonhson e David Albritton sono primi e secondi nel salto in alto. Hitler sarà poi ripreso ufficialmente dal presidente del CIO per avere salutato in
pubblico i tre atleti e, successivamente, si congratulerà solo con gli atleti tedeschi, ma lontano dagli occhi degli spettatori.
Hitler sperava che questi Giochi dimostrassero la superiorità della razza ariana, ma il Dio dello stadio di queste olimpiadi non sarà un biondo tedesco ma un negro americano, il leggendario Jesse Owens, quattro volte medaglia d’oro (100m., 200m., salto in lungo, Personaleetta 4x100) e che, a dispetto di Hitler, era diventato pubblicamente amico del tedesco Luz Long, secondo – dopo una gara estenuante - nel salto in lungo. Ma il pensiero dei rappresentanti di colore, eroi della squadra americana, non si fermava a Berlino e, volando lontano, così si esprimeva“.. qui siamo stati trattati molto bene da tutti; così come siamo stimati in altri paesi europei; è il ritorno negli stati Uniti che è penoso, quando ci troviamo relegati nel fondo dei bus come cittadini di seconda classe!”.
Prima di presentarsi alle olimpiadi di Berlino Jesse Owens si era fatto conoscere un anno prima quando il 22 maggio 1935 (nel “il giorno dei giorni”) in un incontro tra le principali Università americane aveva siglato, nel giro una ora e mezza, tre record del mondo e ne aveva eguagliato un quarto con grande exploit mondiale nel salto in lungo ove il suo record (8,13 metri) resisterà per oltre 25 anni.
Atleta eclettico, eccezionale sprinter, decimo figlio di un modesto raccoglitore di cotone, al suo ritorno da Berlino, all’età di 23 anni, riceve trionfi da eroe con tanto di parata per le vie di New York. Viene in seguito costretto dalla Federazione a gare continue e massacranti per questioni pubblicitarie, finché esausto, si rifiuta e per questo, riceve una squalifica a vita.
Deluso, passa al professionismo e si cimenta, per sopravvivere, in corse con cavalli o dietro auto (ove raggiunge anche i 47 km./ora) e dopo essere stato peraltro usato come uomo immagine, muore, dopo una vita peraltro dignitosa, all’età di 57 anni per tumore ai polmoni.
Seppure contrariati per i successi di Owens, i tedeschi risultano comunque in testa al medagliere con 33 ori (9 in più degli Stati Uniti) e vincono un po’ ovunque dopo una preparazione meticolosa durata per mesi nella Foresta Nera.
Altra squadra che si mette in luce è il Giappone che vince dieci ori nel nuoto, nella maratona con Kitei Son (alias Kee-Chung Sohn, nord coreano il cui paese è però in questo momento suddito del Sol Levante) e nel salto triplo con Naoto Tajima che con 16 metri fissa anche il record del mondo.
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Anche l’Italia ha momenti di esaltazione quando vince l’oro nel calcio, lo sport di squadra più seguito e più popolare; e dalla corsa 80 ostacoli arriva con Ondina Valla la prima medaglia d’oro femminile olimpica con Ondina Valla.
Altri primati del mondo arrivano dal neozelandese Jack Lovelock nei 1500 metri e dallo statunitense Glenn Morris nel decathlon.


Sono anche le olimpiadi dell’inglese Jack Bersford, oro del doppio di canottaggio che aveva partecipato alla sua quinta Olimpiade e che aveva sempre vinto una medaglia anche nelle precedenti edizioni; ed è un bel ritorno per il norvegese Jacob Tullin Thams, argento nella vela “8 metri” (dietro la squadra italiana) che aveva vinto l’oro 12 anni prima, nel salto, alle prime olimpiadi invernali di Chamonix nel 1924.
Uno dei tanti eroi di Berlino è Konrad von Wangenheim, che cadendo si rompe una clavicola durante la fase ad ostacoli nella gara equestre di tre giorni; sapendo che la squadra tedesca sarebbe stata squalificata se lui non avesse terminato la corsa, rimonta a cavallo, e completa la prova senza errori. Il giorno seguente cade ancora ed il cavallo gli frana addosso; riprende però la gara e la squadra tedesca si classifica prima.
Sicuramente la medaglia più esaltante per l’Italia arriva nel calcio
Già campioni del mondo nel ’34 gli Italiani, ben accreditati, non deludono, anche se le previsioni non erano del tutto rosee non potendo schierare giocatori professionisti. La squadra italiana può contare comunque su atleti fortissimi (studenti con tanto di borsa di studio che in realtà era un signor stipendio) e con Foni, Rava, Frossi e Locatelli, condotti dal leggendario Vittorio Pozzi, dopo aver battuto Stati Uniti, Giappone, e Norvegia si trova in finale contro l’Austria; Austria che era arrivata alla finale dopo aver battuto sulla ..carta il Perù, rifiutatosi di ripetere la partita della semifinale messa sotto protesta dall’Austria stessa. Ed ai tempi supplementari, con due gol del solito Frossi (ne segnerà sette in quattro partite) arriva il massimo titolo.
Ma lo sport che regala il maggior numero di medaglie è ancora la scherma che ne colleziona ben nove di cui quattro d’oro. Nella spada, dopo l’oro nel concorso a squadre, anche il podio individuale è tutto italiano (Franco Riccardi, Saverio Ragno, Giancarlo Cornaggia-Medici); e non è di meno il fioretto con oro nel concorso a squadre ed oro e bronzo nell’individuale (Giulio Gaudini, Giorgio Bocchino); un po’ sotto tono, si fa per dire, la sciabola, ove arrivano due argenti.
Il pugilato ci porta un oro (pesi gallo – Ulderico Sergo) ed un argento, mentre altre medaglie arrivano dal canottaggio (argento nel “due con” e nell’”otto”).
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Nell’atletica,dopo il successo di Ondina Valla, splendido argento nella 4x100 (dietro alla formidabile squadra Usa capitanata dall’indiavolato Owens) e ancora argento negli 800m. da Mario Lanzi (su cui però si contava di più), mezzofondista novarese già secondo, poco prima, ai campionati europei; sulla via del tramonto Luigi Beccali, pur cronometrando il suo secondo tempo di sempre, stacca un onorevole bronzo dietro al neozelandese John Lovelock (record mondiale) ed allo statunitense Glenn Cunningham