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ERGONOMIA - equilibrio in movimento

LIBRO

di Diego Sarto - Fabio Sarto

DETTAGLI

TORNA TORNA


 

 

 

Sport è Salute

“Se potessimo dare ad ogni individuo la giusta quantità di nutrimento e di esercizio fisico, né troppo né poco, avremmo trovato la giusta strada per la salute”. Questa affermazione è stata fatta più di 2000 anni fa da un medico famoso, Ippocrate, vissuto tra 460 e 377 a.C., ed è tuttora di grandissima attualità.
E’ ormai dimostrato che l’esercizio fisico, lo sport fin dall’infanzia, previene l’insorgenza e lo sviluppo di molte malattie, dal diabete al cancro del colon e della mammella, all’osteoporosi. Proprio durante lo sviluppo puberale abbiamo nelle ragazze la massima deposizione di tessuto osseo, ottimizzata dal praticare uno sport; mettere in “banca” più osso possibile significherà non trovarsi poi, dopo la menopausa, con l’osteoporosi. Ma praticare sport significa anche salute mentale, se pensiamo che agisce sull’umore, sull’ansietà, sulla depressione con reale benessere psico-fisico. Sembra che agisca anche sul quoziente intellettivo e sul miglior controllo di ansia, emotività ed atteggiamenti comportamentali; è dimostrato un miglior rendimento scolastico nei soggetti che praticano regolarmente un’attività sportiva, facilitando il successo scolastico.
Azioni particolarmente utili sono poi quelle di ridurre l’incidenza di soggetti con eccesso ponderale ed obesità, di ridurre il tasso di colesterolo, di migliorare la regolazione della pressione arteriosa impedendo il suo aumento e riducendo quindi il rischio delle malattie del progresso (arteriosclerosi, malattia coronarica ed ictus cerebrale). Gli studi sui benefici dello sport sono tutt’ora in corso, per dimostrare una sua validità perfino nella prevenzione del tumore della prostata e dell’artrite.
Per quanto riguarda l’effetto dell’attività fisica sull’accrescimento corporeo, è ormai dimostrato che soggetti sportivi hanno un rapporto peso/statura più armonico, riducendo il rischio di soprappeso. Praticare sport significa anche aumentare la gittata cardiaca, la quantità di sangue “pompata” dal cuore, e ridurre la frequenza cardiaca (Fig. 1) con indubbi vantaggi per il nostro “motore”, che a parità di carico di lavoro ha un minor numero di giri.

grafico-1
Fig 1
A parità di VO2  e quindi di sforzo fisico, gli atleti hanno una frequenza cardiaca più bassa dei sedentari

L’azione sul polmone è anch’essa molto importante, e l’atleta ha volumi polmonari aumentati con indubbi vantaggi sul “rifornimento” di ossigeno al muscolo. Sottoporre i ragazzi all’allenamento determina infatti un incremento della percentuale del VO2 max, il massimo consumo di ossigeno, sinonimo del buon funzionamento della “macchina”. (Fig. 2)

grafico-2
Fig 2
A parità di età i ragazzi allenati hanno un VO2  max, capacità di sforzo fisico, notevolmente maggiore dei non allenati

Ovviamente i vantaggi si apprezzano anche sul tono muscolare che risulta aumentato, sulla solidità ossea con minor rischio di fratture, sui riflessi nervosi più validi e pronti.
I vantaggi dello sport nell’età dello sviluppo si basano anche sulla costruzione ottimale della propria immagine corporea e nello stesso tempo stimolano a superare gli ostacoli collegati ad una disciplina sportiva. Lo sport allena ed aiuta all’autostima, alla responsabilizzazione, alla miglior rappresentazione di sé, favorendo la motivazione “intrinseca”, cioè a partenza da una propria decisione, a praticarlo. Consci dei propri limiti, ma anche delle proprie capacità, migliora il senso di autoefficacia, fa accettare insuccessi e sconfitte, eventi tutt’altro che infrequenti anche nella vita di tutti i giorni, stimola all’autocontrollo dell’ansia e delle emozioni. In effetti lo sport insegna a definire, programmare e raggiungere obiettivi a breve, medio e lungo termine, qualità indispensabile anche per gli anni a venire. Saper rispettare le regole imposte dalla pratica di uno sport, assumendo le responsabilità connesse al gioco e migliorando la capacità di cooperazione con gli altri compagni migliora la socializzazione e rende lo sportivo più “aperto” e “positivo”.
Praticare sport significa inoltre essere educati alla salute ed a sani stili di vita, abituando anche per il futuro ad una regolare attività motoria, ad una sana alimentazione ed idratazione, ad evitare fumo, alcool e droghe.
Il valore dello sport praticato, rispetto a quello osservato come spettatore, è indubbio e rappresenta un investimento in termini di salute e benessere psicofisico. Evitare di far “appendere le scarpe al chiodo” significa intervenire sui fattori che possono indurre il giovane a non praticare lo sport e significa anche favorirlo nell’espletamento di una disciplina di sua scelta. Evitare quindi l’abbandono dalla sport risulta di fondamentale importanza ed è compito delle istituzioni (Scuola, Federazioni sportive, CONI, Aziende Sanitarie…) rimuovere le motivazioni che inducono a lasciare l’attività. Tutto ciò potrà garantire una società più sana secondo l’antico detto “mens sana in corpore sano”.

Maurizio Schiavon

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L’IDRATAZIONE DELLO SPORTIVO

Maurizio Schiavon*, Pierantonio Michieli*, Daniele Bordin**, Walter Pasini***

Articolo originale per la Biblioteca dello Sport di Padova ©                                                                            
sfruttabile esclusivamente per uso personale; ogni altro utilizzo deve essere richiesto agli Autori

*UO Centro di Medicina dello Sport e delle Attività Motorie,Dipartimento Socio-Sanitario ai Colli, Azienda ULSS 16 di Padova
**Diartimento di Anatomia e Fisiologia Umana, Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport, Università di Padova
*** WHO Collaborating Centre OMS. Rimini. Italy

Tutti gli atleti conoscono l’importanza dell’allenamento per migliorare le proprie prestazioni. L’aspetto nutrizionale  è parte fondamentale della preparazione di un atleta. L’apporto energetico dovrà essere infatti  “funzione” dello sforzo a cui esso deve sottoporsi. Nell’ambito di una dieta, non intesa come restrizione, ma come organizzazione qualitativa e quantitativa dell’apporto alimentare, il bilancio dei liquidi è della massima importanza. Eppure molto raramente l’atleta assume liquidi secondo una strategia adeguata e derivata dalle più moderne conoscenze scientifiche, non sempre beve la giusta quantità e sceglie il momento opportuno; più frequentemente aspetta di avvertire la sensazione sete prima di reidratarsi.
Un’idratazione efficace, influisce favorevolmente sulla performance e permette un recupero molto più rapido, specie dopo sforzi intensi.
Non esiste uno schema standard da seguire per ottenere una adeguata reidratazione dopo sforzo fisico; la frequenza e il volume di liquidi da bere  dipende infatti  da molteplici fattori, tra cui la durata e l’intensità dell’esercizio, le condizioni ambientali in cui l’esercizio viene svolto e  le caratteristiche del soggetto. Se a questo si aggiunge il fatto che  la variabilità individuale è ampia, si capisce bene come la strategia ottimale deve essere modulata sulla base del tipo di sforzo, della disciplina sportiva, del tipo di impegno (amatoriale, agonistico, professionistico) e delle caratteristiche dell’atleta.
Esistono però indicazioni generali da noi raccolte nell’articolo completo per fornire a coloro che si occupano di nutrizione e di medicina dello sport suggerimenti e spunti che possano essere utili per consentire agli atleti professionisti e a coloro che praticano attività fisica in palestra o a livello dilettantistico di praticare lo sport in condizioni di sicurezza e di benessere.
Ciascun atleta potrà utilizzare le informazioni ricevute in questo capitolo, adattandole alla propria situazione personale, e migliorare le conoscenze scientifiche e personali, per mantenere l’equilibrio idrico corporeo e permettere quindi un’ottimale performance fisica .

Si ringrazia per la collaborazione il dott. Daniele Beretta dell’Associazione Sport è Salute.

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Indice

  • Fisiologia dell’apporto idrico e bilancio idrico
  • La termoregolazione e i rischi da calore
  • Disidratazione e strategie di idratazione
  • Quanto bere?

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Benefici legati all'attività fisica

Studi epidemiologici hanno dimostrato che un buon livello di attività fisica è correlato ad una maggiore aspettativa di vita, soprattutto di vita attiva.
L’attività fisica viene rivalutata anche dal recente modello ICIDH-2 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “l’attività fisica rappresenta un indicatore dello stato di salute individuale ed uno strumento terapeutico per ottimizzare la partecipazione della donna anziana alla vita sociale e produttiva”.Un numero sempre maggiore di donne in menopausa chiede oggi di poter partecipare a programmi di esercizio o di ricondizionamento fisico.
L’American College of Sports Medicine (ACSM) già nel 1999 ha formulato le raccomandazioni posologiche per la prescrizione dell’esercizio fisico in una popolazione di seconda e terza età:
frequenza di allenamento = 3/5 giorni alla settimana;
intensità = dal 60 al 90% della Fc max (frequenza cardiaca massima = 220 meno gli anni di età); 50-85% della riserva di VO2;
durata = 25-60 minuti di attività aerobica con coinvolgimento di ampi gruppi muscolari;
esercizi di allenamento della forza al 50-75% della massima resistenza, con 8-12 ripetizioni di 8-10 esercizi allenanti i maggiori gruppi muscolari; 2 gg. alla settimana.
L’ACSM ha abbassato al 35-40% del VO2 max l’intensità raccomandata per un esercizio fisico, in quanto tale intensità sembra essere più adeguata per una donna in età avanzata. Vi è evidenza scientifica che programmi svolti attorno a queste intensità, in popolazioni di donne anziane, hanno benefici effetti sulle capacità vitali e sui parametri del fitness.
Un aspetto cruciale della prescrizione dell’esercizio fisico è che l’attività deve essere a basso impatto meccanico (cammino, cammino veloce, nuoto, bicicletta, ecc.) per evitare l’insorgenza di lesioni muscolo-scheletriche; il carico deve essere proposto in modo tale che il sistema di progressione consenta di arrivare al massimo in circa 4-6 settimane.
Definizione di attività fisica moderata: “l’attività fisica moderata viene descritta come quell’attività che comporta un lavoro al pari del camminare veloce”; tale attività viene svolta ad un’ intensità che va da 3 a 6 MET (tasso metabolico attivo/tasso metabolico a riposo), che corrisponde, per la maggior parte delle donne anziane sane, a camminare alle velocità di circa 4-6 km orari.
benefici attività 2
Una regolare attività fisica di tipo aerobico, gioca un ruolo molto importante nella prevenzione primaria e secondaria delle patologie cardiovascolari; esiste una relazione inversa tra il verificarsi di un evento coronarico e la pratica di attività fisica regolare. L’attività fisica ha effetti benefici sui principali fattori di rischio legati a malattia coronarica: ipertensione, dislipidemie (aumento di HDL colesterolo e diminuizione dell’LDL), obesità e insulino resistenza.Tab. 1 – Esempi di attività fisichpresso in multipli del consumo di ossigeno a riposo (4)
Tipi di attività:
moderata = (3 - 6 MET)
leggera = (< di 3,0 MET)
intensa = (> 6,0 MET)
L’attività fisica incrementa la tolleranza allo sforzo e la capacità aerobica dell’organismo, potenziando la capacità dei muscoli nell’utilizzare l’ossigeno circolante, diminuendo la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa ai carichi di lavoro submassimali e riducendo quindi il consumo di ossigeno del cuore.
Calcolo del livello di intensità di esercizio:                    
determinare la propria frequenza cardiaca massima allenante: 220 meno l’età;
determinare il livello minimo di frequenza cardiaca di esercizio moltiplicando il livello massimo di frequenza per 0,6;
determinare il limite più alto di frequenza cardiaca consentito durante l’esercizio moltiplicando la frequenza cardiaca massima per 0,9.
La frequenza media di esercizio dovrà essere collocata tra il livello più alto e quello più basso delle frequenze calcolate.
Per determinare, durante esercizio, quale sia la frequenza cardiaca alla quale si sta lavorando, è necessario fermarsi un’attimo e misurare la frequenza del polso per circa 60 secondi. Se la frequenza di una donna di 50 anni è fra 85 e 119 battiti al minuto, vorrà dire che  l’intensità di esercizio che sta svolgendo è moderata.
L’allenamento all’esercizio fisico aumenta la capacità cardiovascolare e riduce la domanda miocardica di ossigeno per ogni livello di attività fisica, sia nei soggetti in apparente buona salute, che nella maggior parte dei soggetti con patologie cardiovascolari. Un’attività fisica regolare è necessaria poi per mantenere gli effetti dell’allenamento. L’attività aerobica aggiunge un favorevole effetto ipotensivo (riduzione di 8-10 mm Hg sia della PA sistolica, che di quella diastolica) in alcuni gruppi di ipertesi.
L’apparato cardiovascolare si adatta ad un determinato periodo di esercizio fisico aumentando la portata cardiaca; normalmente la portata cardiaca durante l’attività fisica aumenta di circa 4-5 volte rispetto ad un valore di 5 l/min a riposo. Questo avviene come conseguenza di un incremento della frequenza cardiaca e della gittata sistolica.
In un soggetto giovane, la frequenza cardiaca aumenta approssimativamente da circa 70/mn a 200/mn e la gittata sistolica passa da circa 70 ml a circa 150 ml. (ciò è evidente soprattutto negli esercizi praticati in posizione verticale).
Le modificazioni del sistema cardiovascolare sono accompagnate anche da meccanismi di adattamento del sistema respiratorio. La frequenza respiratoria, il volume corrente e la ventilazione al minuto aumentano, mentre le resistenze respiratorie si riducono; ne consegue un incremento della ventilazione alveolare che facilita l’aumento del volume di ossigeno e l’eliminazione di C02 (anidride carbonica).
Praticare attività fisica regolarmente promuove modificazioni significative della risposta cardiovascolare all’esercizio e al movimento. Presi globalmente, questi cambiamenti rappresentano la risposta all’allenamento e, in particolare, l’effetto più significativo si osserva in un aumento complessivo del consumo massimo di ossigeno (o flusso massimo di ossigeno), che per un soggetto sedentario normale è di circa il 15-20%.

A cura di: Lorenzo Boscariol
Fonte: www.assr.it
Immagini tratte da: Guida alla promozione dell’attività fisica – Servizio Sanitario Provinciale – Provincia autonoma di Trento - Copiright 2005

 

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La tecnica della corsa

La tecnica della corsa può essere suddivisa in due fasi distinte: la fase di appoggio singolo (che ha inizio con il contatto del piede al suolo e termina con il movimento di piegamento/estensione dell’arto in appoggio) e la fase di volo (che è caratterizzata dal movimento di recupero degli arti inferiori per garantirne la giusta alternanza).

Il contatto al suolo può essere distinto in tre momenti:
a) Momento di piegamento e ammortizzazione, cioè la presa di contatto del piede sul terreno; durante questa fase viene sfruttata appieno la componente reattivo-elastica del piede;

corsa1 corsa2

           

b) Momento di sostegno. È l’avanzamento lineare ed orizzontale del bacino, senza modificazione alcuna del rapporto tra la gamba e la coscia;

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c) Momento di raddrizzamento/estensione. Consiste nel raddrizzamento dell’arto in appoggio, il quale produce un impulso che favorisce la riaccelerazione fino al momento prima del distacco del piede dal terreno.


Durante l’azione della corsa, gli arti superiori oscillano in coordinazione con il movimento delle gambe; viste di fronte, le braccia si muovono su due piani paralleli, viste di fianco sono più chiuse o più aperte al gomito a seconda della tecnica personale dell’atleta e delle distanze da percorrere (quanto più grandi sono le distanze da coprire, minore sarà l’apertura delle braccia al gomito).
Il busto, sia in fase aerea, che in fase di contatto, rimane in leggera flessione e inclinato in avanti.
Nelle corse di resistenza è necessario trovare il loro giusto compromesso tra l’ampiezza e la frequenza del passo: maggiore è l’ampiezza del passo e più elevato sarà il dispendio energetico dell’atleta; infatti, nelle corse di resistenza, specie nelle maratone, gli atleti cercano di “giocare” il più possibile sulla frequenza del passo, aumentandola, così da incrementare la velocità “spendendo” il meno possibile.
CORRERE BENE SIGNIFICA:
- presa morbida ed attiva del terreno;
- falcata decontratta;
- ampiezza e frequenza dei passi ben rapportati in relazione alla velocità;
- non disperdere verso l'alto le spinte;
- corretta coordinazione braccia/gambe e corretto assetto del busto;
- coordinare correttamente la cadenza respiratoria con quella dei passi.
CORRERE EFFICACEMENTE SIGNIFICA:

  • velocità maggiori a costo energetico minore;
  • un ottimo fondista consuma 0,85 kcal/kg/km;
  • un corridore medio basso può consumare circa 0,92 kcal/kg/km;
  • la differenza del consumo tra l’ottimo fondista e il corridore medio basso significa diversi secondi di distacco nel mezzofondo, alcuni minuti nel fondo e molti minuti nella maratona.

Quando eseguiamo le varie esercitazioni per la corsa, è necessario focalizzare la propria attenzione sui seguenti punti:
- riduzione delle limitazioni anatomo-funzionali (es: rigidità articolari);
- correzione delle asimmetrie, rinforzando i distretti muscolari carenti;
- correzione degli schemi motori errati.

A cura di:
L. Boscariol
Bibliografia corsa                
L. Boscariol – appunti di Teoria, tecnica e didattica degli sport individuali – Docente di riferimento: Prof. G. Lenzi
Tesi di laurea presentata da Silvia Dalla Chiesa: Avviamento al mezzofondo; indagine per la definizione di un modello di riferimento - Anno accademico 2004/2005 - Facoltà di Scienze Motorie - Universita’ degli studi di Bologna.

 

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INTEGRAZIONE SPORTIVA

L’atleta è caratterizzato da un maggior dispendio energetico rispetto al non atleta; ciò naturalmente è strettamente e direttamente correlato allo specifico programma di allenamento.

I punti fondamentali da considerare quando si parla di alimentazione ed integrazione sportiva sono:
impegno metabolico dell’allenamento e della gara;
idratazione;
apporto proteico;
preparazione nutrizionale della gara;
pasto che precede la gara, razione di attesa prima della gara;
alimentazione solida e/o liquida durante l’allenamento e/o la gara;
razione di recupero dopo l’attività sportiva;
integratori dietetici specifici: integratori di amminoacidi ramificati, amminoacidi essenziali, creatina, arginina, carnitina, destrosio, glutammina, maltodestrine, proteine, sali minerali, ZMA, e alimenti proteici;
doppio allenamento giornaliero;
partecipazione a tornei e a grandi manifestazioni sportive;
periodi di riposo, ripresa della preparazione atletica;
infortuni.

OBIETTIVI NUTRIZIONALI
Obiettivi nutrizionali principali per gli atleti:
apporto sufficiente di energia,
apporto maggiore di carboidrati,
apporto maggiore di acqua.
Obiettivi nutrizionali secondari (e comunque in relazione alla pratica sportiva svolta):
apporto adeguato di proteine,
apporto adeguato di minerali,
apporto adeguato di vitamine,
apporto adeguato di fibra.
 
L’attività sportiva, solo se effettuata a livello agonistico, deve essere considerata un’attività particolare da un punto di vista dietetico, in  quanto in essa prevale significativamente, rispetto all’attività normale, il lavoro muscolare ed un cero tipo di impegno psichico.
Le caratteristiche che distinguono gli atleti agonistici, dalla popolazione generale, sono rappresentate da un aumento del fabbisogno di energia direttamente correlato all’effettivo dispendio energetico; ecco perchè quando parliamo di atleti, dobbiamo necessariamente parlare anche di integratori alimentari.

INTEGRATORI ALIMENTARI DIETETICI
Gli integratori alimentari dietetici in vendita comprendono una vasta e differenziata gamma di prodotti: gli integratori di sali minerali, le vitamine, i nutrienti energetici, gli estratti vegetali, gli integratori di amminoacidi ramificati, ecc. Queste sostanze hanno lo scopo di integrare la normale razione alimentare, qualora non sia possibile farlo con i soli alimenti.

L’utilizzo di integratori alimentari deve tener conto di:
giusta dose;
corretto  periodo di utilizzazione;
eventuali controindicazioni connesse alla possibile concomitanza di patologie e/o condizioni cliniche che ne sconsiglino l’uso.

Inoltre devono rispondere a esigenze nutrizionali particolari:
persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo è perturbato;
persone che si trovano in condizioni fisiologiche per cui possono trarre benefici dall’assunzione controllata di talune sostanze negli alimenti;
lattanti o i bambini nella prima infanzia.

Secondo le linee guida del ministero della sanità (circolare n°8 del 7/6/99), la vendita di “integratori alimentari per lo sport” è “collocabile” nelle seguenti categorie:

  1. Prodotti finalizzati ad una integrazione energetica
  2. Prodotti con minerali destinati a integrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione
  3. Integratori di proteine
  4. Integratori di aminoacidi essenziali e ramificati
  5. Altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso sforzo muscolare
  6. Combinazione dei suddetti prodotti

INTEGRATORI ENERGETICI: ALCUNE REGOLE FONDAMENTALI
Sono prodotti energetici a base di carboidrati con vario grado di polimerizzazione (vedi maltodestrine).
Devono essere integrati con vitamine del gruppo B (B1, B2, B6, PP) e vitamina C (eventualmente con altri nutrienti ad azione antiossidante).
Qualora siano presenti lipidi polinsaturi in quantità più che significative, è necessaria un’ integrazione di vitamina E (0,4 mg per ogni grammo di acidi grassi polinsaturi).

SUDORAZIONE ECCESSIVA: integratori di sali minerali per le perdite idrosaline (+ eventuale aggiunta di carboidrati)
Questi integratori contengono elettroliti, la cui concentrazione, nella forma pronta all’uso, deve essere:
Sodio        non più di 45.0mEquiv/l  corrispondente a 1035mg/l
Cloro        non più di 36.0mEquiv/l  corrispondente a 1278mg/l
Potassio     non più di 7.5mEquiv/l  corrispondente a 292mg/l
Magnesio    non più di 4.1mEquiv/l  corrispondente a 50mg/l
La presenza del magnesio è auspicabile
Gli integratori di elettroliti sono indispensabili soprattutto per le attività la cui durata supera l'ora. L’aggiunta di sodio migliora il sapore dei liquidi da ingerire. L’aggiunta di carboidrati, invece, può aumentare l’assorbimento intestinale dell’acqua, ma il loro compito principale è quello di fare da rifornimento di energia in attività di durata superiore all’ora. Soluzioni concentrate (10% di carboidrati) possono richiamare liquidi verso il tubo digerente (per un effetto osmotico) e quindi paradossalmente causare disidratazione.

Temperatura dell’acqua
Le bevande fresche (4-10°C) lasciano lo stomaco più rapidamente di quelle calde; esse risultano gradevoli e non sembrano determinare effetti negativi durante lo sforzo prolungato.

“integratore domestico” opportunamente preparato: 20-60 g di zucchero e ½ cucchiaino di sale da cucina disciolti in 1l di acqua, aggiungendo succo di arancia e/o di limone, oppure succhi di frutta diluiti con acqua, in modo da ridurre la concentrazione di zuccheri del prodotto di base.

Vendita di integratori proteici
L’indice chimico delle proteine utilizzate deve essere pari almeno all’80% di quello della proteina di riferimento FAO/OMS.
Le calorie fornite dalla quota proteica devono essere dominanti rispetto alle calorie totali del prodotto. Deve essere presente vitamina B6 in quantità non inferiore a 0,02 mg per grammo di proteine.
L’apporto totale di proteine (dieta + integratore di proteine) non deve essere superiore a 1,5 grammi al giorno per chilogrammo di peso corporeo. In caso di uso prolungato (oltre 6-8 settimane) è necessario il parere del medico.
Il prodotto è controindicato nei casi di patologia renale, epatica, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni.

Vendita di integratori con amminoacidi ramificati ed essenziali
L’uso di integratori di amminoacidi, quando confrontato con l’uso di prodotti proteici alimentari consumati all’interno di un pasto bilanciato, non sembra mostrare effetti favorevoli sulla sintesi proteica e sull’accrescimento delle masse corporee; in realtà questi integratori potrebbero essere qualificati come “prodotti nutrizionalmente poveri” rispetto alle proteine contenute negli alimenti in quanto mancanti di tutti quei fattori nutrizionali che aumentano la biodisponibilità reciproca dei nutrienti presenti negli alimenti. Inoltre, gli integratori di amminoacidi sono costosi ed il loro uso può rappresentare un pericolo per la salute, oltre che un potenziale fattore in grado di favorire il radicarsi di una dipendenza psicologica verso l’integratore stesso.
Gli integratori di amminoacidi possono essere suddivisi in 2 classi principali: gli aminoacidi ramificati e gli aminoacidi essenziali.

Integratori di amminoacidi ramificati
Di maggior rilievo, parlando di integrazione sportiva, sono sicuramente gli aminoacidi ramificati, i quali sono rappresentati dalla leucina, isoleucina e valina.La quantità di assunzione giornaliera non deve essere superiore ai 5 grammi (come somma dei tre ramificati), preferendo il rapporto 2:1:1, rispettivamente di leucina, isoleucina e valina; è consigliabile l’associazione con vitamine B1 e B6.
Le integrazioni di proteine e di aminoacidi devono essere somministrate con particolare cautela da parte del medico; è evidente che si tratta di prodotti per i quali è particolarmente delicata l’adozione della posologia più adatta. Le controindicazioni ne sono una testimonianza.
Va precisato che apporti proteici pari a 1,4-1,7g/kg di p.c./die (150-212% rispetto ai valori consigliati dai LARN) sono generalmente ritenuti idonei a soddisfare gli aumentati fabbisogni proteici nella maggior parte della popolazione sportiva; tuttavia, in alcuni casi ben selezionati, può essere utile aumentare il consumo di proteine fino ad un massimo di 2g/kg di p.c./die, per garantire un bilancio di azoto positivo per tutti quegli atleti che sono più severamente impegnati, e per tutti coloro che hanno la necessità di incrementare la dotazione muscolare, come accade negli sport di potenza.
In linea di massima si può affermare che, apporti proteici significativamente maggiori rispetto al fabbisogno della popolazione generale (0,7-1,0 g/kg p.c./die) sono realizzabili con la normale razione alimentare, senza alcuna necessità di ricorrere a specifici prodotti dietetici costituiti da proteine e/o singoli aminoacidi.

Integratori di creatina
La creatina deriva dagli aminoacidi e ha la funzione di fare da riserva di fosfati energetici a livello muscolare. Questa sostanza alimentare è normalmente presente nella carne e l’organismo è in grado di produrla a partire dagli aminoacidi glicina e arginina.
Se la dose di creatina è pari a 4-6 grammi al dì, questa non può superare un periodo di assunzione pari a 30 giorni. Oltre tale periodo, la dose deve scendere e non superare i 3 g/die.
La creatina presente in una normale razione alimentare, unitamente a quella prodotta dal nostro organismo, è più che sufficiente a coprirne i fabbisogni giornalieri. Pertanto, risulta poco comprensibile il motivo per cui dovrebbe essere “consigliata” agli atleti una dose di 4-6g/die, sia pure per periodi limitati a non più di 30 giorni. Il diffuso ricorso all’uso di creatina è quindi finalizzato ad una sua ulteriore “additivazione”, con lo scopo di migliorare, in maniera artificiosa, la prestazione.
La maggior parte degli studi non ha evidenziato particolari effetti nocivi dovuti all’assunzione acuta o subacuta di creatina, ma vi sono ricerche che ipotizzano anche un effetto cancerogeno, considerando la creatina come un possibile fattore di crescita tumorale. In particolare un approfondito studio dell’Agenzia Francese sulla Sicurezza Sanitaria degli  Alimenti (2001) ha confermato i rischi di effetti cancerogeni derivanti dall’assunzione di creatina. Inoltre non va dimenticato che le dosi di creatina normalmente assunte dagli atleti, soprattutto dai frequentatori delle palestre e dai body builders sono ben superiori di quelle massime indicate e, inoltre, perdurano per lunghi periodi.
 

A CURA DI: LORENZO BOSCARIOL
SITI, DISPENSE E TESTI CONSULTATI:
Mc Ardle W., Katch F., Katch V. ALIMENTAZIONE NELLO SPORT  Casa Editrice Ambrosiana,  2001
Fidanza F. ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE UMANA Gnocchi Editore,1996
http://www.formaefitness.it/integrazione-integratori.html
www.sinu.it/larn/vit_idro.asp
www.sinu.it/larn/vit_lipo.asp
L. Boscariol – Appunti delle lezioni di dietetica, nutrizione ed alimentazione umana – Docenti: Prof.ri E. Canducci ed E. Ballarin.
A. M. Costantini, C. Cannella, G. Tommasi – Fondamenti di nutrizione umana – Il pensiero scientifico editore - 1999

 

 

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CENNI DI TEORIA E METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO

“L’allenamento rappresenta l’insieme delle attività fisiche che si concretizzano attraverso l’organizzazione dell’esercizio secondo i criteri della quantità, dell’ intensità, della forma e dei gradi di difficoltà, tali da favorire l’assimilazione di abilità motorie sempre più complesse ed efficaci [Lorenzo Boscariol]”

Quando parliamo di allenamento sportivo, è necessario conoscere bene il modello dello sport scelto. A tale proposito bisogna considerare molteplici modelli che a loro volta si regolano e siintegrano nella stessa struttura prestativa:
1. Modello agonistico e regolamentare
2. Modello tecnico
3. Modello tattico
4. Modello fisiologico
5. Modello cinematico
6. Modello psicologico

L’allenatore dovrà essere in grado di:
- stilare programmi di allenamento;
- scegliere mezzi e metodi delle esercitazioni;
- analizzare gli effetti e l’efficacia delle proprie scelte;
- tenere aggiornati i propri diari di lavoro;
- confrontarsi con gli altri ed essere disponibile a modificare le proprie scelte in relazione alle diverse situazioni che si presentano di volta in volta.

L’allenamento determina profondi cambiamenti nell'organismo; tali modificazioni portano ad essere più recettivi ad una somministrazione periodica di stimoli allenanti, rendendo, lo stesso organismo, più adattabile a carichi sempre maggiori, così da produrre una prestazione atletica sempre più elevata.

Cambiamenti nell'organismo determinati dall' allenamento:
ANATOMICI,
ULTRASTRUTTURALI
BIOCHIMICI
ESCLUSIVAMENTE FUNZIONALI
[Fonte: E. Arcelli; Che cos’è l’allenamento; Sperling & Kupfer 1990]

Allenabilità
Quando parliamo di allenabilità, facciamo sempre riferimento ad un parametro dinamico influenzato da numerosi fattori (endogeni ed esogeni) e che rispecchia il grado di adattamento ai carichi di allenamento. L’allenabilità comprende la velocità di apprendimento di nuovi movimenti e la capacità di adattamento ai vari carichi di allenamento.

Principi dell'allenamento:
- Efficacia dello stimolo
- Individualizzazione del carico
- Carico continuo
- Carico crescente
- Alternanza del carico
- Variazione dei carichi di allenamento (ampliare la gamma degli esercizi, utilizzare diverse velocità di esecuzione, variare l’entità e i tipi di sovraccarico, variare la densità degli stimoli e variare i metodi di carico.

La Variazione dei carichi di allenamento è importante soprattutto quando: 1) la capacità prestativa ristagna; 2) si deve mantenere a lungo un determinato stato di forma 3) si deve raggiungere la forma in momenti diversi della stagione.

- Variazione degli stimoli
- Corretta successione degli stimoli
- Corretta relazione fra carico e recupero
- Corretta relazione fra carichi generali e specifici
- Carico finalizzato
- Periodizzazione del carico

CORRETTA SUCCESSIONE DEL CARICO D'ALLENAMENTO
Per quel che concerne la corretta successione del carico, è necessario, innanzitutto, eseguire stimoli a forte impegno neuromuscolare e coordinativo:
- Rapidità
- Coordinazione e Tecnica
- Forza esplosiva, massimale e veloce.
Dopodiché si possono curare gli stimoli a forte impegno metabolico, cioè la potenza lattacida (resistenza alla velocità), la resistenza lattacida (resistenza alla fatica intensiva), la potenza aerobica (carichi di durata alla soglia anaerobica) e la resistenza aerobica (carichi di durata, a medio-bassa intensità).

Definizione di supercompensazione
Il carico di allenamento (o sollecitazione) di un’ atleta tende a sfruttare la propria riserva funzionale in modo tale da aumentare il proprio livello di capacità attuale; tale capacità diminuisce dopo il carico e cresce dopo la supercompensazione. Nel tempo, l'allenamento efficace aumenta la capacità prestativa dell’atleta e riduce le varie riserve di adattamento.

La programmazione delle sedute di allenamento deve poter tener conto dei seguenti fattori:
1) struttura dei cicli del carico;
2) struttura delle unità di allenamento;
3) indicazione relative ai compiti principali delle singole unità di allenamento.
Per fare ciò è necessario precisare i contenuti e i mezzi di allenamento, cioè le forme degli esercizi e l’entità del carico, rispettando i principi fondamentali dell’allenamento, cioè la ciclicità, la specializzazione e la proporzionalità.
A CURA DI LORENZO BOSCARIOL
Fonte e Bibliografia
http://www.formaefitness.it/allenamento-sportivo.html
E. Arcelli; Che cos’è l’allenamento; Sperling & Kupfer 1990
L. Boscariol – Appunti di teoria e metodologia dell’allenamento – Docente di riferimento: Prof. G. Lenzi.

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IL CARICO DI ALLENAMENTO

Il carico di allenamento può essere distinto in carico interno e carico esterno. Il carico interno è il risultato delle diverse reazioni indotte dall’allenamento sull’organismo, per esempio la frequenza cardiaca. Il carico esterno (intensità x tempo) rappresenta invece tutto ciò che è misurabile, per esempio la distanza percorsa.
Conoscere il carico di allenamento è molto importante perché ci dice qual’è l’indice di impegno richiesto per eseguire un certo tipo di esercizio/allenamento, oppure la fatica ad esso connessa.
L’effetto dello stimolo esterno sull’organismo indotto dall’allenamento, cioè il carico interno, è molto importante, perché può variare anche se il carico esterno è lo stesso per due diverse sedute di allenamento; questo perché il carico interno non dipende solo dal tipo di stimolo esterno, ma anche e soprattutto dallo stato di freschezza o di affaticamento dell’atleta, dalla situazione ambientale esterna (per esempio il vento, soprattutto per i ciclisti) dalle condizioni psicologiche, ecc.
Quando parliamo di carico interno di allenamento, è inevitabile parlare anche di ritmi biologici dell’organismo nell’arco delle 24 ore. Infatti, la maggior parte delle funzioni dell’uomo (da quelle cellulari a quelle complesse; sia fisiologiche che comportamentali) possiede una ritmicità.
Conoscere come reagisce l’organismo nell’arco delle diverse ore del giorno, ci aiuta a capire qual è l’ora di allenamento ottimale, ove il nostro fisico risponde al meglio in relazione alla diversa disciplina sportiva praticata:
- tempo di reazione semplice = tardo pomeriggio (gare di sprint);
- performance complessa (memoria a breve termine, test aritmetici) = mattina-primo pomeriggio
- destrezza manuale (fermezza della mano, equilibrio) = mattina
- forza muscolare = tardo pomeriggio (16-19), indipendente dal gruppo muscolare e dalla velocità di contrazione.
- forza esplosiva = tardo pomeriggio (16-18)
Esiste un significativo picco circadiano durante le ore tardo-pomeridiane e serali, sia per il salto in lungo, che per il salto in alto (variazione di circa il 3%). Anche la performance nel nuoto ha un picco serale.
Per attività sportive che richiedano precisione e accuratezza, le ore del mattino sono le migliori.
Ogni capacità condizionale (forza, resistenza e rapidità) è caratterizzata da un certo tipo di carico, il quale a sua volta dipende dai seguenti parametri: volume, intensità, durata dello stimolo e densità del carico.
CARICO DI FORZA
Volume = quantità di esercizi o di sovraccarico in serie di ripetizioni o in kg. sollevati.
Intensita' del carico = entità del sovraccarico (kg., assetto di lavoro, ecc.), percentuale di forza massimale concentrica, percentuale di forza massimale isometrica, ecc.
Durata dello stimolo = tempo di un esercizio o di una sequenza di esercizi.
Densita' del carico = rapporto fra la quantità e il tempo di lavoro; rapporto tra entità dello stimolo e tempo di recupero fra gli stimoli (es. 1:2, 1:5, 1:8).

CARICO DI RESISTENZA
Volume = es: quantità di km nei diversi cicli di allenamento, quantità di km a carattere generale, speciale, o specifico.
Intensità = velocità dell'andatura, frequenza cardiaca, watt, ecc
Durata dello stimolo = tempo unitario; distanze di lavoro (m/km).
Densità: parametro di riferimento = tempo di recupero (s/min) fra le ripetizioni e/o fra le serie di ripetizioni.

CARICO DI RAPIDITA'
Volume = distanza (in m.), numero di ripetizioni (singole o in serie), numero di esercizi vari dello stesso carattere.
Intensita' = normalmente il massimo dell'intensità; a volte, quando i gesti non sono ancora sufficientemente affinati, vengono utilizzate intensità submassimali. Anche la frequenza del movimento può essere utilizzata come parametro di riferimento per quantificare la rapidità.
Durata dello stimolo = è la distanza o il tempo di esecuzione di un esercizio.
Densità del carico = il parametro di riferimento della densità del carico è il tempo (min.) di recupero fra gli esercizi e/o le serie di esercizi.

ORDINE D'UTILIZZO DEI PARAMETRI
PER L'INCREMENTO DEI CARICHI D'ALLENAMENTO

Nei giovani e negli sport di durata

1

- VOLUME dei carichi

 

2

- FREQUENZA degli allenamenti

 

3

- DURATA degli stimoli

 

4

- DENSITA' degli stimoli

 

5

- INTENSITA'degli stimoli

-Negli sport di potenza e di forza veloce

1

- VOLUME dei carichi

 

2

- INTENSITA' degli stimoli

 

3

- DURATA degli stimoli

 

4

- FREQUENZA degli allenamenti

 

5

- DENSITA' degli stimoli

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ANDAMENTO DEI CARICHI DURANTE IL PROCESSO DI ALLENAMENTO
A seconda del livello prestativo dell’atleta, i vari carichi di allenamento variano durante tutto l’arco del macrociclo. Tali variazioni sono state presentate da autorevoli autori attraverso modelli di periodizzazione differenti. Se in passato si era convinti che l’andamento dei carichi di allenamento dovesse seguire il ciclo di allenamento annuale rappresentato da L.P. Matvejew, oggi si preferisce dare maggiore valenza allo schema di Tschiene.

                      carico-1
Caposaldo storico di riferimento, lo schema di qui sopra (L.P. Matvejew 1972, 95) ha lasciato spazio, per gli atleti di alto livello, alla periodizzazione di Tschiene:
carico-2
il ciclo di allenamento annuale secondo L.P. Matvejew è caratterizzato, come si può vedere dalla figura, da un andamento spiccatamente periodico (ad onde); esso può essere utilizzato anche per il settore di allenamento giovanile, oltre che per i principanti e la categoria di atleti media.
Nella periodizzazione di Tschiene (1977, 278) l’andamento delle curve è caratterizzato da scarsa ampiezza ed elevata altezza; tale modello di periodizzazione è giustificato dal fatto che l’atleta ha bisogno di mantenere un livello ottimale di forma per tutto l’arco del macrociclo, soprattutto in prospettiva dei continui impegni di gara che si presentano durante l’anno. Oggi, non esistono più grosse differenze tra il volume e l’intensità del carico, ed è necessario uniformare il più possibile tali parametri affinchè viaggino il più possibile di pari passo tra di loro.

carico-3                                
Da: Tschiene (1977, 277)
La figura di Tschiene (1977, 277) rappresenta la periodizzazione durante l’età infantile e giovanile. In questa fascia d’età, non si parla più di doppia periodizzazione, ma di una possibile soluzione che tenga conto delle esigenze dei bambini, compresi gli impegni scolastici e le festività (es: vacanze di Pasqua). Dal punto di vista tecnico-sportivo, questa periodizzazione tiene conto dell’inserimento di competizioni in tutto il ciclo annuale. Le frequenti gare rappresentano il modo migliore per stimolare i bambini senza compromettere quello che è il processo di allenamento a lungo termine.

A CURA DI LORENZO BOSCARIOL
Fonte e Bibliografia
http://www.formaefitness.it/carico-allenamento.html
P. Bellotti e A. Donati – L’organizzazione dell’allenamento sportivo: Nuove frontiere – Società di stampa sportiva - Roma - 1992
E. Arcelli – Che cos’è l’allenamento – Sperling & Kupfer 1990
L. Boscariol – Appunti di Teoria e Metodologia dell’allenamento – Docente di riferimento: Prof. G. Lenzi
L. Boscariol – Appunti di Cronobiologia – Docente di riferimento: Dott. R. Manfredini

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MICROCICLO E MACROCICLO DI ALLENAMENTO

Il macrociclo di allenamento è rappresentato dall’intervallo di tempo che va dall’inizio della preparazione generale, fino al termine delle gare, compreso il periodo di riposo post agonistico. Tale intervallo può essere suddiviso in periodo preparatorio, periodo agonistico e periodo di rigenerazione.
Il primo periodo è costituito dalle tappe generale, fondamentale e speciale; il secondo coincide invece con il periodo di gara; il terzo periodo (di rigenerazione) ha lo scopo di far recuperare all’atleta le energie spese, soprattutto durante la stagione agonistica.
Le varie tappe di allenamento sono a loro volta suddivise in meso e microcicli. Come dice la parola stessa, il mesociclo dura solitamente un mese di preparazione; il modello tipico del microciclo è invece la settimana di lavoro. Il microciclo è tuttavia variabile in relazione al numero di ele­menti costitutivi dell'allenamento di un determinato mesociclo: più essi sono frequenti e più giorni durerà il microciclo. La durata del microciclo può variare molto, di solito da 2 a 7 giorni. Nel caso in cui duri 7 giorni, si parla di microciclo settimanale di allena­mento, che é frequentemente adottato soprattutto per motivi di praticità.
Nello specifico, perstrutturare un microciclo bisogna considerare i seguenti fattori:
1)l'entità dei processi di affaticamento determinati da ciascuna seduta;
2) il tempo di recupero che le specifiche fatiche richiedono;
3) l'effetto cumulativo di fatica di alcune sedute (anche con sollecitazioni di differenti sistemi funzionali);
4) l'intensificazione dei processi di recupero che determinano esercizi di debole intensità dopo sollecitazioni elevate;
5) le variazioni di capacità di lavoro con impegno di specifiche qualità fisiche nel corso di due o tre sedute consecutive con sollecitazioni di diversi sistemi funzionali.

TIPOLOGIE DI MICROCICLO
GRADUALE
È caratterizzato da un debole livello di sollecitazione.
DI SVILUPPO
Caratteristiche principali: elevato volume a media intensità; alta intensità e medio volume.
DI CHOCK
Grande volume con elevato livello di sollecitazione.
DI APPROCCIO
Ovvero di preparazione alla gara.
DI RECUPERO
Questo microciclo ha la funzione di recuperare da un microciclo di chock, oppure al termine di un ciclo agonistico.
AGONISTICO
Viene organizzato in funzione della programmazione delle gare.
A CURA DI LORENZO BOSCARIOL


 

LA DIETA DELLO SPORTIVO

La dieta dello sportivo deve poter soddisfare le seguenti funzioni:
funzione energetica, soprattutto prima e durante l’attività fisica;
funzione plastica, subito dopo l’attività;
funzione reidratante e regolatrice delle funzioni vitali.
I carboidrati e i lipidi forniscono energia meccanica o termica per la trasformazione di energia chimica.
Le proteine soddisfano la funzione plastica, cioè la ricostruzione della massa muscolare, avviando rapidamente la sintesi proteica (anabolismo).
Gli alimenti non energetici sono invece indispensabili per reidratare e regolare le funzioni vitali, e sono rappresentati dall’acqua, dai sali minerali, dalle vitamine, ecc.
I carboidrati forniscono 4 Kcal per grammo di peso corporeo, mentre i lipidi hanno un potere calorico superiore, fornendo un’energia pari a circa 9 Kcal/g. I primi sono generalmente più indicati prima e durante l’attività fisica, poichè vengono assorbiti più rapidamente rispetto ai lipidi e alle proteine; ciò determina la possibilità di avere un substrato subito disponibile per l’uso. Per contro, un pasto ricco di proteine induce l’organismo ad aumentare il metabolismo basale maggiormente rispetto ai carboidrati; inoltre il catabolismo proteico induce disidratazione, in quanto i prodotti finali richiedono acqua per l'escrezione urinaria.
La letteratura scientifica sportiva è ormai in accordo comune sul fatto che devono trascorrere almeno 3-4 ore prima che la persona o l’atleta possa intraprendere un’attività fisica. Durante questo periodo di tempo, il soggetto può comunque consumare un bicchiere d’acqua con succo di frutta concentrato (o maltodestrine) ogni mezzora dopo l'ultimo pasto e fino a mezzora prima dell’esercizio.
L’atleta deve possedere una sufficiente scorta di glicogeno muscolare ed epatico, soprattutto se si appresta a partecipare a competizioni di lunga durata (come il ciclismo); in questo senso i cibi più adatti sono quelli ricchi di amido, come il riso e le patate. Nell’alimentazione sono da preferire i carboidrati complessi prima e semplici poi. Ciò significa che prima dell’attività fisica è bene che il soggetto consumi alimenti come la pasta e il pane, viceversa, dopo l’attività è consigliabile prendere zuccheri semplici, che contribuiscono al recupero muscolare attraverso il picco insulinico. Se assunti prima della gara, gli zuccheri semplici portano ad un incremento dell’insulina con relativa ipoglicemia secondaria  e conseguente fatica centrale (SNC).

Perché assumere gli aminoacidi soprattutto dopo la pratica sportiva?
Perché contribuiscono a ricostituire le riserve di glicogeno muscolare ed epatico.
Perché avviano rapidamente la sintesi proteica (anabolismo).
Per ripristinare l’omeostasi idrosalina, cioè l’eccessiva perdita di sali minerali durante lo sforzo

A cura di Lorenzo Boscariol - http://www.allenamentocalcio.it/dieta-sportivo.html

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