SPORT E ATTUALITA'

 
 

 


GINO BARTALI celebrato nel Giardino dei Giusti di Padova

"Io voglio essere ricordato per le mie imprese sportive e non come un eroe di guerra. Gli eroi sono altri.Quelli che hanno patito nelle membra, nelle menti , negli affetti. Io mi sono limitato a fare ciò che sapevo meglio fare. Andare in bicicletta."

Questo diceva Gino Bartali, ma , forse, non tutti sanno che proprio quel suo andare in bicicletta aveva salvato molte vite innocenti al tempo della barbarie nazifascista.

Per  l'espatrio dei rifugiati servivano documenti falsi e passaporti, ma anche una staffetta che si incaricasse di trasportarli. Gino Bartali, si offri, dunque, durante l'ultimo conflitto, di nascondere questi documenti nel tascapane e di portarli, durante i suoi allenamenti quotidiani, da Firenze ad Assisi o Genova.

Un dovuto omaggio, quindi,  non solo all'atleta indimenticabile che esordì nel Veneto, ma anche all'Uomo Giusto.

Paola Fracasso


ottobre 2011


bartali
TORNA TORNA

 

VOLARE SULL’ACQUA

Battere i record, lottare contro il tempo, migliorare i primati… è sempre stato il sogno dell’uomo nella storia e nel tempo. E tutto questo diventa più affascinante e più attraente se di mezzo ci sono non solo le lancette del cronometro, ma anche gli elementi della natura…il vento, l’acqua, gli imprevisti!

Ed è quello che stanno cercando di fare gli uomini dell’Hydroptere, trimarano francese progettato e costruito per abbattere tempi e velocità, quanto più possibile, a livello acquatico.

Già il nome fa da presentazione e la dice lunga: hydroptère in francese, idrottero (forse) in italiano: idro acqua ottero ali da cui ali sull’acqua.

Ed è proprio così. Perché questo trimarano ha applicate sui due scafi laterali, nella parte sottostante, due ali che con un sistema pneumatico, facendo perno sui due scafi, tendono, ruotando, ad alzare lo scafo centrale man mano che aumenta la velocità; per cui, in pieno assetto di navigazione, l’imbarcazione tocca sull’acqua solo con due appendici applicate a queste ali e con il timone.

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Alain Trebault, con il suo equipaggio, il 9 febbraio dello scorso anno ha già battuto il record di traversata della Manica. Partito da Dover per Calais, ha impiegato 34 minuti con una velocità media di 33 nodi e con punte di 43,4 nodi.

Subito dopo, il 30 giugno, è partito da Cadice meta Miami/New York per battere il record di traversata dell’Atlantico, ma vicino alle Canarie una botta secca (sembra avere colpito un cetaceo) l’ha bloccato e si è rifugiato a Lanzarote.

Ed è qui che l’abbiamo visto in secca, in attesa di riparazioni.
E vi assicuro che fa veramente impressione vedere questo miracolo di tecnologia,questa macchina da corsa, lunga 18 metri e larga  24, del peso di 7 tonnellate, con queste alette terminali di cui, al momento, non capivo il significato.

Riportato poi in Francia per le riparazioni del caso, quando abbiamo chiesto in questi giorni ad Alain Trebault  “quando nuovamente in acqua?”  la sua risposta è stata sintetica e precisa: “a fine agosto!”

Speriamo che questa volta possa avere maggior fortuna.

Giuseppe Barion

Per saperne di più: www.hydroptere.com

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IL PREMIO “FAIR PLAY” DELLA SCUOLA BRAFA SPAGNOLA ASSEGNATO A BARCELLONA A KIP KEINO.

“Avrei potuto vivere  come un re, ma ho preferito essere un padre per gli orfani”. Così in sintesi il commento rilasciato da Keino alla stampa al momento della premiazione. Nato a Kipsano in Kenya il 17 gennaio 1940 Kip Keino, ultimo  di una nidiata di sei figli, resta subito orfano di madre all’età di tre anni. 
Viene così affidato ad uno zio paterno, che alcolizzato, spesso lo picchia al suo rientro a casa. A scuola per un breve periodo (dai 13 ai 16 anni) in quanto deve mantenersi facendo il pastore. E però affascinato dai racconti del padre che si cimenta in gare paesane di corsa, che commenta poi al figlio.
Nel tempo libero si allena quasi sempre da solo sulle alture dell’arida e brulla campagna locale intuendo di avere grandi possibilità. Arrivano le prime vittorie e i primi consigli. Entra nella polizia locale e un suo ispettore, Mickael Wade, ritenendolo una promessa dell’atletica gli da spazio per allenarsi. Determinante un suo incontro con Mel Whitfield campione olimpico sugli 800 nel 1948 e nel 1952, in Africa per questioni umanitarie.
Cambia metodo di allenamento e si costruisce tabelle di marcia e di interval training alquanto particolari. Subito i primi risultati importanti che lo porteranno ai vertici mondiali tanto da essere riconosciuto come “la prima leggenda keniana” del mezzofondo. Ai campionati del Commonwealth  del 1966 vince l’oro nel miglio e nelle tre miglia e nel 1970, sempre negli stessi campionati è oro nei 1500  e bronzo nei 5000.
Ma le sue performance più esaltanti le ottiene elle Olimpiadi di Tokyo del ’64 con l’argento nei 5000 ripetendosi poi nel 1972 a Monaco con un altro oro nei 3000 siepi e con l’argento nei 1500. e non sono gare da poco in quanto era il periodo di Ron Clarke e di Jim Rym, australiano e statunitense considerati le stelle del tartan. “Devo molto a mio padre che mi anche salvato la vita dall’attacco di un leopardo e che con i suoi racconti mi entusiasmava e mi ha fatto diventare ricco.
Con i primi soldi ho comprato la Bibbia e subito dopo, nel ’64 ho cominciato a comprare una fattoria che man mano cresceva a seconda dei guadagni derivanti dagli ingaggi nelle varie parti del mondo. Ora possiedo circa quattrocento ettari e con mia moglie Phillis che mi ha dato sette figli, abbiamo deciso di accogliere, memore della mia infanzia, orfani provenienti da zone limitrofe.
I primi  ospiti sono stati tre fratelli e poi in numero è aumentato fino ad arrivare, ora,  a ben 107”. E’ fiero si quello che ha fatto e parla in modo staccato e sicura mostrando anche fotografie dei vari gruppi, ed orgoglioso dei suoi ragazzi commenta dove sono arrivati e quello che stanno facendo “….ecco, questo è diventato medico, quest’altro è avvocato, mentre questo, appena laureato, è partito per l’Europa e insegna all’università…. .”.
Ricorda che altri atleti importanti stanno facendo qualcosa di analogo per i più sfortunati, come Moses Kiptanui, Moses Tanui, Joseph Chebet, Paul Tergat mentre altri hanno dissipato fortune e si stanno perdendo per la strade della vita come Henry Rono, altro keniano ai vertici tra il sessanta ed il settanta, che in appena 81 giorni, nel 1978, abbassò ben quattro record mondiali nei 3000, nei 3000 siepi, nei 5000 e nei 10000 e dovette smettere per problemi di alcool.
E si intrattiene anche sulle differenze tra bianchi e neri “… i genitori dei bambini occidentali preferiscono che i loro figli siano calciatori o tennisti, con grandi illusioni, mentre in Africa i bambini camminano molto per andare a scuola!” e parla anche di fattori genetici quando si vede che i finalisti di una corsa veloce sono quasi tutti neri.Kip Keino, anche membro del Comitato Olimpico Internazionale, grande atleta sulle piste ma soprattutto grande uomo nella vita! Da cui l’ambito riconoscimento consegnato a metà maggio, da parte della Fondazione Brafa (www.brafa.org) nel settore responsabilità sociale da Juan Antonio Samaranch,  (ultimo presidente del CIO) a Barcellona.

Giuseppe Barion


 

LEONARDO MORSUT

Pallavolista, nasce a Padova il 23 settembre 1980.  Quattordici presenze in Nazionale, gioca da due anni nell’Itas Diatec Trentino con un contratto di 150.000 euro l’anno.Laureato con lode e sigillo, presso l’Università agli Studi di Padova, in Biotecnologie Mediche, sceglie di rinunciare alla carriera sportiva e, quindi, all’ingaggio, per seguire la strada , tutta in salita, del ricercatore.“Il peso che do alla ricerca scientifica va al di là dei riconoscimenti sportivi, è qualcosa che dura tutta la vita. E’ un percorso difficile, maposso solo dire che ho seguito la passione..”

Paola Fracasso

 

PRESENTATI I PICTOGRAMMI DI PECHINO

Tra due anni esatti saranno inaugurate le Olimpiadi che si terranno a Pechino dal 8 al 24 agosto.
E proprio ieri il Comitato Organizzatore ha presentato i pictogrammi che accompagneranno l’evento olimpico  apparendo sui pannelli segnaletici che indicheranno i luoghi e gli spazi interessati dalle specifiche manifestazioni, sulle pubblicità, sui souvenir, e sulle altre varie forme si comunicazione visuale, televisioni comprese.
Come stile si ispirano alla calligrafia cinese antica, associata ad una forma grafica moderna. Si tratta di 35  icone in rappresentanza dei 28 sport olimpici, approvate sia dalle Federazioni Sportive Internazionali che dal CIO. Lo studio delle 35 silhouette era cominciata a marzo dello scorso anno, dopo che il Comitato Organizzatore aveva interpellato quattro istituti di grafica. La scelta è caduta su una proposta nata dalla collaborazione tra l’Accademia Centrale di Belle Arti cinese e l’Istituto di Belle Arti dell’Università di Tsinghua. Di seguito un gruppo di lavoro ha perfezionato il tutto, tenendo presente anche i suggerimenti del Comitato Organizzatore.
Per saperne di più: www.beijing2008.com

Giuseppe Barion

 

ANDREA BARGNANI

Vent’anni, primo italiano ad essere scelto come miglior giovane talento del basket americano. Ingaggio:   tre milioni di euro.Andrea, romano, non è una montagna di muscoli, ma ha  comunque un buon fisico: 2 metri di altezza per 115 kg di peso. Proviene dal Treviso, dove, con una media di 25 punti a gara farà vincere lo scudetto alla sua squadra. Ma il suo sogno comincia ad avverarsi quando, come ogni anno, il 28 giugno la National Basket Association ( NBA) seleziona a New York i migliori giovani al mondo per trasformarli in atleti fuoriclasse e professionisti superpagati:  è il Draft, e Andrea Bargnani va incontro al suo destino poiché, pur italiano, diventa il primo scelto in questo rito d’iniziazione. “ Chi non sogna l’NBA? Ho cominciato a farmi un’idea guardando Michael Jordan in tv, ero un bambino…”
     

Paola Fracasso

 

I MONDIALI DI FREESTYLE A MADONNA DI CAMPIGLIO

Nel gennaio 2007 si svolgeranno a Madonna di Campiglio i campionati mondiali di Freestyle.
Le origini del Freestyle sono assai remote; una prima apparizione si può datare nel 1905, quando il ginnasta austriaco Mathias Zdarsky, provò alcuni passi di danza con gli sci ai piedi. Tuttavia la nascita è più recente e si può collocare intorno agli anni 60, quando tre californiani, Darryl Bowie, Michel Daigle e John Johnston inventarono l’hot-dog. Una combinazione di salti, gobbe e passi di danza con gli sci. Molto sciatori si appassionarono a questo nuovo modo di sciare e saltare con diverse acrobazie e così nel 1966 ad Attiatash, nel New Hampshire si disputò una prima gara. La prima gara riconosciuta è comunque quella svoltasi ad Aspen nel 1971. La moda si diffuse rapidamente e cominciarono i primi riconoscimenti ufficiali e a sorgere le prime Federazioni nazionali: nel 1972 in Francia, Germania e Italia (anche se quest’ultima è entrata va fare parte della FiSI solo nel 1981).
Nel 1979 la FIS riconosce ufficialmente il Frestyle e nel 1980 organizza la prima Coppa del Mondo.
Per opportuna conoscenza ricordiamo che questo sport comprende tre tipi di gare: il balletto, il salto e le Gobbe.

Per saperne di più vedi: “Freestyle” di Alvaro Trucchi – Phila-Sport n. 59

Giuseppe Barion
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LONDRA 2012: NON TUTTO IL MALE VIENE PER NUOCERE.....

Il Comitato esecutore delle opere sedi delle Olimpiadi del 2012, ha reso pubbliche in questi giorni le strategie che saranno guida nella realizzazione del parco olimpico.
I provvedimenti riguardano misure che terranno presenti i cambiamenti climatici, l'ottimizzazione dei mezzi di trasporto pubblico, la minimizzazione dei rifiuti e l'ampio l'utilizzo a livello costruttivo di elementi riciclabili. Più propriamente è stato programmato una riduzione delle emissioni di biossido di carbonio – da qui al 2012 - fino al 50 %;  un riciclaggio dei materiali non più utilizzati o distrutti dopo l'evento olimpico fino al 90%; particolare attenzione sarà data per l'acqua utilizzata che avrà un riciclo praticamente completo sia a livello costruttivo che residenziale; i trasporti saranno essenzialmente prioritari a livello pedonale e ciclabile, mentre i trasporti pubblici saranno sviluppati non solo a livello del Parco Olimpico ma anche nelle zone circostanti.
Tutto questo permetterà di lasciare un'eredità duratura sul piano sociale ben oltre il 2012.
Oltre a questi elementi la strategia porrà al centro dell'attenzione temi attuali di grande interesse riguardanti la biodiversità e l'ecologia; l'aiuto alle comunità di Londra più interessate dai Giochi; il controllo nell'approvvigionamento dei materiali strettamente connessi ai Giochi; la viabilità per l'accesso al parco olimpico;  l'impatto dei Giochi sulle aree urbane interessate, sulle vie fluviali e  sull'aria e sull'acustica; la salute ed il benessere; l'integrazione delle zone adiacenti alle aree olimpiche.
Non tutto il male viene per nuocere....avrebbero forse detto Senofone, Euripide, Solone, che non vedevano di buon occhio gli eventi  olimpici! (vedi Curiosità Olimpiche)
Ricordiamo che Londra ha avuto l'assegnazione dei Giochi il 6 luglio 2005 a Singapore durante la 117a Sessione Olimpica alla quarta votazione con 54 voti su 104 dopo una dura battaglia con Parigi, New York, Mosca e Madrid. Vi parteciperanno circa 10500 atleti iscritti in 26 sport.

Per saperne di più: www.london2012.org

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ROCKY MARCIANO          pugile

“ Più forte dell’odio c’è l’amore, più forte dell’amore c’è soltanto Rocky Marciano”
Così disse di lui un ragazzino di una scuola di Chieti negli anni ’50.

 

A sessant’anni dall’esordio pugilistico di Marciano, Ripa Teatina,  paese in provincia di Chieti,  gli dedica una mostra che si concluderà il 2 settembre.
Da Ripa, nel 1912, papà Pierino Marchigiano partì per l’America, seguito nel 1916 da mamma  Pasqualina Picciuto.
L’ 1 settembre 1923 nasce Rocco Francis Marchigiano, “la bomba di Brockton”, l’unico peso massimo della storia ad avere un record di 49 incontri e altrettanti successi con 43 vittorie per ko.
L’inizio come debuttante non è dei migliori: viene squalificato per una ginocchiata all’avversario… Con il passaggio a professionista arrivano le vittorie e il suo nome si contrae: da Marchigiano a Marciano, da Rocco a Rocky  “roccioso”.
Il suo ultimo incontro sarà il 21 settembre 1955…pochi mesi dopo lascerà la boxe.
E’ già entrato nel mito per il suo coraggio e l’eccezionale forza del suo pugno, quando un tragico destino se lo porta via, in un incidente aereo, alla soglia dei 46 anni. Tutto, nella sua vita, è stato “al  massimo”…

Paola Fracasso
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ALESSANDRO MOSCARDI     architetto rugbysta

Ex-capitano della nazionale di rugby nel team che ha ridisegnato la facciata dello stadio di Wembley.

Alessandro Moscardi, classe ’69, origini rodigine, laurea veneziana allo Iuav, ha messo la sua professionalità in questo grosso progetto londinese, ideato dal celebre architetto Sir Norman Foster.
Il capitano della Nazionale Italiana di rugby (44 presenze, 19 da capitano, 6 scudetti, 3 edizioni del Sei Nazioni e tante mischie) che costruisce il tempio del calcio: è la palla ovale che si prende la rivincita sulla palla rotonda; grande soddisfazione, anche morale, in un Paese, il nostro, dove è il calcio a farla da padrone.
Sembra una favola sportiva… “Sono felice, perché ho in parte contribuito a realizzare un’icona dello sport planetario, trasformando un’idea in realtà […] Spero che un giorno possa ospitare anche grandi match di rugby, oltre che di calcio. Quel giorno, statene certi, ci sarò. In prima fila.”

Paola Fracasso
TORNA TORNA


 

PRIMI GIOCHI OLIMPICI DELLA GIOVENTU'

Le città candidate per i primi Giochi Olimpici della Gioventù del 2010 si sono riunite il 18 e 19 settembre a Losanna. Qui il Presidente del CIO - Jaques Rogge - ha espresso alla loro presenza la soddisfazione  per il numero elevato che la accolto con entusiasmo l'appello lanciato dal CIO il 5 luglio scorso per creare questo nuovo momento di partecipazione olimpica.
La prossima tappa, entro il 26 ottobre prossimo, sarà la restituzione al CIO, da parte delle città candidate, di un questionario.
La elezione della città che ospiterà questa prima edizione dei Giochi Olimpici della Gioventù avverrà nel febbraio del 2008.
Le città che hanno posto la loro candidatura sono Algeri (Algeria), Atene (Grecia), Bangkok (Tailandia), Città Guatemala (Guatemala),  Kuala Lumpur (Malesia), Mosca (Russia), Poznam (Polonia), Singapore (Singapore), Torino (Italia).
Si è ritirata Belgrado (Serbia) precisando che sarà candidata per il 2014.

Giuseppe Barion
TORNA TORNA


 

SETTE CITTA' IN LIZZA PER I GIOCHI OLIMPICI DEL 2016

Il Comitato Internazionale Olimpico ha annunciato in questi giorni che le città  candidate ai Giochi Olimpici della XXXI Olimpiade estiva del 2016 sono sette.
Si tratta di . Bakou (Azerbaidjan), Chicago (Stati Uniti), Doha (Qatar), Madrid (Spagna), Praga (Repubblica Ceca), Rio de Janeiro (Brasile), Tokyo (Giappone). I Comitati Olimpici delle singole Nazioni avevano tempo fino al 13 settembre 2007 per avanzare eventuali candidature.
Per queste città comincia ora la prima delle varie fasi del processo di assegnazione che si concluderà il 2 ottobre 2009 con la nomina ufficiale della città olimpica.
Le fasi principali si svolgeranno nei seguenti momenti:

    • 14 gennaio 2008: risposta delle città ad una prima serie di  quesiti proposti dal CIO;
    • giugno 2008: accettazione a Losanna, dopo la risposta ai quesiti posti, delle città candidate e invio a queste del documento ufficiale di candidatura con altro questionario più restrittivo;
    • agosto 2008: in occasione delle Olimpiadi di Pechino incontro con un programma da parte degli osservatori ufficiali;
    • 12 febbraio 2009: restituzione della documentazione al CIO da parte delle candidate;
    • maggio-giugno 2009: visita alle città da parte degli osservatori ufficiali;
    • 2 settembre 2009: pubblicazione da parte del CIO del Rapporto stilato dai visitatori con valutazioni varie;
    • 2 ottobre 2009: elezione a Copenaghen della città sede olimpica.

    Giuseppe Barion
    TORNA TORNA


 

TRAGEDIE DEL CALCIO: SI POTEVANO EVITARE?

Quando si parla di calcio si intende mettere in evidenza gli aspetti positivi e celebrativi: goal, vittorie, Coppe, situazioni di riscatto personale e/o collettivo. Allo stesso modo però è necessario vedere il rovescio della medaglia, ciò che purtroppo risulta essere scomodo, fastidioso, ma in particolar modo negativo ed appunto tragico.

Non sto parlando di sconfitte incredibili od imprevedibili, ma di disastri causati spesso da irresponsabilità, insicurezza e ahimè portatori purtroppo di morte. Negli ultimi tempi si è parlato tanto (giornali, televisione, ecc..) di doping, scandali (il ben famoso Calciopoli) e violenza negli stadi italiani e non solo.

Quello che propongo però è un tentativo di analisi, in linee generali, di alcune delle più famose tragedie i cui aspetti, risvolti e soprattutto i motivi risultano essere ancora poco chiari. Nella caterva di episodi di violenza e distruzione vale comunque secondo me la pena di parlare delle più importanti.

Per evitare di essere prolisso, ed analitico (lascio la statistica agli esperti) e limitandomi al campo europeo, faccio il nome di tre stadi le cui vicende hanno sconvolto l’opinione pubblica e dato il via a discussioni e dibattiti interminabili: Luzhniki, Heysel, Hillsborough.

Gli eventi si sono verificati negli anni ’80 del secolo scorso, i quali hanno rappresentato per la società e l’opinione pubblica una serie di fratture che ha comportato grandi cambiamenti e svolte il cui culmine è determinato dall’anno 1989. Vado perciò in ordine cronologico. Correva l’anno 1982 e l’Italia aveva da poco vinto i Campionati Mondiali di Calcio con un trionfo dai risvolti epici e leggendari. Il 20 ottobre, oltre la cortina di ferro, nello stadio Lenin di Mosca, oggi conosciuto come Luzhniki, lo Spartak, squadra locale, e gli olandesi dell’Haarlem giocano la partita d’andata valida per i sedicesimi di finale di Coppa UEFA. Lo Spartak stava conducendo per 1 a 0 e mancava poco alla fine dell’incontro, erano i minuti finali e molti tifosi stavano abbandonando lo stadio attraverso l’unica via d’uscita predisposta per la serata, dato che gli spettatori erano comunque pochi.

Poco dopo lo Spartak raddoppia e si scatena l’inferno. Alla rete di Shvetsov, infatti, scoppiò il pandemonio tra coloro che stavano abbandonando lo stadio e coloro che volevano rientrare nell’impianto. A quel punto il disastro era compiuto: gente calpestata, soffocata, molte vittime, ma a quel tempo il regime volle insabbiare la vicenda. Le autorità sovietiche fecero di tutto per occultare i motivi della tragedia.

Furono fatti scomparire i documenti delle vittime, delle ambulanze, delle milizie e degli ospedali. A distanza di tanti anni manca ancora chiarezza sulle cause e sui successivi sviluppi. Prima di tutto per quanto riguarda i morti; non c’è mai stata una versione certa ed univoca sulla cifra esatta.

All’epoca si parlò di 66-67 vittime, massimo 100 secondo i giornali di quel periodo, ma a quanto pare le persone uccise risulterebbero essere molte di più (300-350). Perché tanto mistero? Forse la paura di far vedere all’Occidente qualche magagna, qualche meccanismo arrugginito della perfetta macchina socialista? Certo si era ancora in piena guerra fredda perciò ogni piccolo insuccesso poteva rappresentare una crepa, una debolezza di fronte all’agguerrito avversario. Di certo il sistema sovietico (con i suoi Paesi satellite) era ormai un colosso dai piedi d’argilla prossimo al crollo, allo sfacelo, all’implosione che poi sarà inevitabile.

Molte comunque sono state le ipotesi. Le autorità diedero la colpa ai tifosi ubriachi, rissosi e violenti. D’altro canto invece testimoni oculari, che finalmente oggi possono parlare, sostengono la tesi dell’abuso delle forze di polizia, delle strutture vecchie, fatiscenti, pericolose dello stadio, dell’inadeguatezza e dell’inefficienza delle norme di sicurezza.

Addirittura i certificati di morte dell’epoca riportarono un’altra causa del decesso e le autorità sovietiche liquidarono il tutto come una tragica fatalità. Il fatto che fosse stata aperta solo una delle uscite (la C) su 4 fa propendere per l’ipotesi sostenuta dalle persone a distanza di anni. In effetti grazie all’accesso ai dati e alle fonti vere, reali e dirette rimaste è possibile analizzare la vicenda in modo più obiettivo ed imparziale.

Da qui è possibile sapere che l’uscita era aperta a metà e non del tutto, segno della mancanza di responsabilità degli addetti ai lavori (soprattutto quelli deputati alla sicurezza e all’ordine) all’interno dello stadio. Sono state raccolte la dichiarazioni dei parenti delle vittime che manifestarono e manifestano tutto il loro malcontento e la rabbia e pretendono giustizia per quanto accaduto ai loro cari.

Allo stesso modo i giocatori (in particolare modo quelli olandesi) furono costretti a lasciare subito gli spogliatoi senza spiegazioni. I calciatori dell’Haarlem vennero a conoscenza della terribile disgrazia una volta rientrati a casa loro!

Naturalmente bisognava trovare un colpevole ed il capro espiatorio divenne l’allora guardiano dello stadio che pagò per tutti, con tre anni di lavori forzati, soprattutto per colpe che non erano sue. Alla fine di tutto sembra di capire che il disastro di Mosca del 1982 sia dipeso dalle strutture inadeguate dello stadio e dalla condotta superficiale ed indisciplinata delle forze di polizia e di sicurezza.

A tutto questo occorre aggiungere il clima politico di uno Stato ormai ombra e fantasma di se stesso in cui un altro importante segnale della senescenza economica e della cancrena del sistema politico verrà dato dal disastro di Cernobyl del 1986.

Lo stesso sistema, di nascondere la verità e di utilizzare la censura come cura per i mali sociali del regime antidemocratico sovietico, fu appunto rappresentato dalla volontà immediata di negare l’evidenza per la tragedia di quel 20 ottobre, cercando di liquidare la vicenda in modo veloce ed indolore, nonostante tante vittime ed in cui i veri colpevoli non hanno pagato.

Alla successiva distanza di tre anni si verificò una terribile tragedia, ben più famosa e della quale si è detto praticamente tutto. Sto parlando di quella dell’Heysel del 29 maggio 1985. Era il giorno della finale della Coppa dei Campioni che vedeva di fronte Juventus e Liverpool, per la cronaca vinsero i bianconeri con un goal di Platini. In quella terribile occasione morirono 39 persone.

Diciamo innanzitutto che già le premesse non furono certo delle migliori, infatti, entrambi i club criticarono l’UEFA per la designazione dello stadio della capitale belga. I motivi chiari ed inequivocabili: struttura fatiscente, mancanza di adeguate uscite di sicurezza e di corridoi di soccorso, muretti divisori vecchi e fragili, tribune di cemento vetuste e sgretolate, ecc.. Allora, ed ancora oggi a distanza di anni, l’opinione pubblica si chiese e si chiede come mai si decise per l’Heysel se pressoché nulla era a norma? A maggior motivo si sapeva della lugubre fama degli hooligans inglesi, ubriachi e violenti.

Ancora oggi si fatica a trovare una risposta convincente, anche se la maggior parte della responsabilità sembra sia da accollarsi in primis alle forze di controllo e di sicurezza dello stadio dimostratesi inadeguate ed impreparate, soprattutto dal punto di vista logistico ed organizzativo, ed alla palese superficialità manifestata dalle sfere alte dell’UEFA. Non sto qui certo a raccontare i fatti di quell’evento che sono ampiamente conosciuti e tristemente e sfortunatamente famosi.

Naturalmente si può anche comprendere tutta l’incertezza che ha colpito i protagonisti e gli organismi calcistici; giocare o no? Rinviare la partita? Come evitare altro spargimento di sangue? Forse sono stati tutti colpevoli, anche se in modo inconscio. In quell’inferno non era certo facile capire quale poteva essere la possibile soluzione.

Aldilà di questo è significativo vedere le conseguenze. In terra inglese il Primo Ministro Margaret Thatcher non smentì la sua fama di Lady di ferro adottando una linea politica decisa a spazzare via ed in modo netto il fenomeno hooligans, ottenendo negli anni successivi risultati decisivi, promuovendo un sistema oggi diventato punto di riferimento ed imitazione per le altre realtà europee. Allo stesso modo il Liverpool fu costretto ad una sorta di esilio attraverso l’estromissione dalle partecipazioni continentali per ben sei anni.

Ciò che rimane di quella notte orribile è tanta incredulità per un disastro probabilmente evitabile, se solo si fosse optato prima per una politica decisa, coerente e produttiva al fine di evitare tale apocalisse. Trascorrono ancora quattro anni e l’Inghilterra è sconvolta dalla strage di Hillsborough avvenuta a Sheffield il 15 aprile del 1989. In programma c’era la semifinale di F.A. Cup tra Liverpool e Nottingham Forest (oggi nobile decaduta). Si giocava perciò secondo il regolamento in campo neutro.

Ai tifosi dei reds fu assegnata la zona “Leppings Lane” con soli 6 ingressi rispetto ai 60 del settore riservato ai tifosi del Nottingham Forest. Si procedeva a rilento nel riempimento del settore dato ai sostenitori del Liverpool, mentre fuori altri 5000 tifosi smaniavano e premevano per entrare. La polizia pensò bene di aprire il “Gate C”, ma si rivelò una pessima idea.

In quel marasma generale un’ondata di scalmanati invase la curva e molti furono i morti per soffocamento e schiacciamento. In tutto 96 vittime. Ancora una volta la disorganizzazione e la leggerezza della polizia fecero da padrone.

Da quell’ennesimo fatto catastrofico si presero dei provvedimenti decisivi con il “Rapporto Taylor” con il quale, oltre a ricercare la cause e trovare i colpevoli, si ridisegnarono le norme di sicurezza degli stadi inglesi soprattutto con la decisione di strutture a norma solo con posti a sedere per gli spettatori muniti di biglietto, ma anche con misure efficaci e specifiche in materia di vendita di alcolici negli stadi, barriere metalliche, cancelli, tornelli, prezzi dei biglietti stessi, ecc..

Con questi esempi appena descritti perciò si vede come con modalità e situazioni diverse si possono ottenere effetti e risultati simili. I fatti di Mosca, Bruxelles e Sheffield hanno in comune gli aspetti negativi derivati dall’incapacità e dall’inesperienza di gestire situazioni prevedibilmente pericolose e dannose a causa della negligenza e dall’inadeguatezza degli elementi di certe strutture sociali, dipendenti da decisioni inefficaci e poco ragionate a livello politico territoriale.

Certo è pur vero che nel caso sovietico colpisce il pantano storico-politico-sociale dei sistemi dittatoriali e di regime dove tutto è poco chiaro, poco comprensibile e latente, ma è pur vero che Bruxelles e Sheffield dimostrano allo stesso modo crepe ed insuccessi della condotta politica del mondo Occidentale di fronte ad aspetti così peculiari.

In poche parole si intuisce che in tutti i casi ed in tutte le realtà, anche le più specifiche come queste, occorre agire in modo responsabile, programmato e pianificato per imparare a non ripetere gli stessi errori storici ed è chiaro che non c’è niente di infallibile, indiscutibile ed assoluto.

Quello che ho proposto in questo breve intervento è comunque in sintesi il tentativo di offrire argomenti e discorsi poco conosciuti ma facenti totalmente parte del grande mondo del calcio, non solo fatto di risultati, ma anche e soprattutto di aspetti legati indissolubilmente alla realtà socio-politica, contribuendo a rendere il football lo sport più famoso, discusso e curioso del mondo. In questo modo si può trattare il calcio stesso a 360 gradi in modo eclettico, eterogeneo, originale e propositivo come appunto per interventi più mirati e più completi.

 

Davide Girardello

 

Suggerimenti bibliografici
M.A.Curletto “Spartak Mosca. Storie di calcio e potere nell’U.R.S.S. di Stalin”
A.Papa-G.Panico “Storia sociale del calcio in Italia”
N. Porro “Sociologia del calcio”

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NOVITÀ DAL MONDO DEL CALCIO

Fantapolitica o utopia? Un modo per affermare l’autodeterminazione nazionale dei popoli, nonché un tentativo di riscatto nazionale da parte di minoranze non riconosciute, o semplicemente uno spettacolo originale per pochi eletti?

Non mi stancherò mai di sostenere la tesi per cui anche il calcio rappresenta un’isola felice per chi vuole affermarsi, riscattarsi, manifestare il proprio entusiasmo di fronte al diritto di godere della felicità e della libertà di essere cittadini attivi nel contesto politico e sociale, in base ai propri principi e alle proprie idee. Ecco perciò che sono possibili curiose situazioni e contesti particolarmente originali e del tutto peculiari, che presentano nuove chiavi di lettura e chiari punti di svolta. La nuova strada è proposta dalla NF-Board.

Si tratta della Nouvelle Fédération-Board (o New Federations Board), ufficiosamente conosciuta come Non-FIFA-Board. Si tratta di un'organizzazione calcistica che raggruppa territori ed entità quasi-statali, non completamente indipendenti e non iscritte alla FIFA, in quanto associazioni non appartenenti appunto a Stati sovrani. Proprio qui sta la grande novità, perché lo scopo principale della NF-Board è quello di coordinare ed organizzare incontri calcistici, affermando il "diritto di giocare a livello professionistico" anche per le nazionali delle entità non riconosciute.

A prima vista potrebbe trattarsi di utopia, ma in realtà ciò rappresenta un serio ed ambizioso progetto di allargamento della geografia calcistica a livello mondiale, attraverso la realizzazione di tornei calcistici che vedono la partecipazione di squadre rappresentanti di minoranze non riconosciute ufficialmente come gruppi nazionali per peculiarità dal punto di vista: territoriale, politico, etnico-etnografico, sociale, economico ecc.. Solo grazie a questo straordinario tentativo, che rasenta tratti di fantapolitica, anche le più piccole e disparate realtà pseudonazional-popolari possono affermare le proprie ambizioni di autonomia ed indipendenza, altrimenti non fattibili nei normali ambiti e contesti socio-politici.

Vale la pena comunque distinguere le selezioni “nazionali” in categorie. Innanzitutto vi sono le Federazioni che gestiscono le attività calcistiche nelle rispettive regioni e sono parte di una più ampia rete che contribuisce nel complesso alla federazione nazionale.

Un esempio è dato dalla Jersey Football Association, che gestisce le attività nell'isola di Jersey (situata nel Canale della Manica), ma che fa pure parte della Football Association, oppure ci sono anche le selezioni delle regioni autonome spagnole (come quella dei Paesi Baschi) che giocano solo una gara ogni anno, tradizionalmente a Natale. Una seconda categoria comprende le regioni autonome o in cerca di autonomia, tenendo conto anche dei loro trascorsi storici.

Alcune possono aver già raggiunto un certo grado di autonomia, o cercano di ottenerla, come lo Stato libero di Fiume. Anche qualche membro riconosciuto dalla UEFA fece parte di questa categoria, come le Isole Fær Øer e la Moldavia.

Attualmente la Repubblica Turca di Cipro Nord, Groenlandia, Tibet e Kosovo sono i migliori esempi di questa categoria. Segue il gruppo delle rappresentative formate dai gruppi etnici che ancora devono guadagnare un controllo significativo nello Stato natale o derivati da una diaspora, mi riferisco perciò alle cosiddette etnie senza Stato. È l’esempio del popolo Sami della Lapponia che vive in un'area a nord della Scandinavia ma ricade sotto il controllo di quattro Stati (Federazione Russa, Finlandia, Norvegia, Svezia). Nonostante questo i Sami hanno organizzato un’associazione calcistica ed una selezione rappresentativa. Emblematica è la situazione del popolo Rom disperso in tutta l'Europa per secoli, con poca speranza di ottenere una terra natale e che rappresenta la più numerosa minoranza continentale, ma avente comunque una federazione calcistica.

Le selezioni che ricadono in questa categoria hanno la speranza di essere riconosciute dalla FIFA, seguendo quanto successo alla nazionale di calcio della Palestina che, nonostante non abbia uno Stato riconosciuto, è stata ad ogni modo inserita nella FIFA. Vi sono in seguito veri e propri Stati che però non sono ancora affiliati alla FIFA stessa: Città del Vaticano, Principato di Monaco (che però presenta una squadra di club di un certo prestigio che è stata anche finalista di Champions League nella stagione 2003/2004), Tuvalu, Micronesia, Isole Marshall, Palau, Nauru e Kiribati.

Altra realtà è quella rappresentata dalle minoranze etniche presenti in diversi Stati. Ad esempio gli armeni in Argentina, gli albanesi in Macedonia, gli italiani in Svizzera, ecc.. L'ultimo gruppo è composto dalle micronazioni, entità che rappresentano nazioni indipendenti ma che non sono riconosciute dai governi mondiali o dalle maggiori organizzazioni internazionali.

Queste nazioni di solito esistono solo sulla carta e sono spesso create da una singola persona o un gruppo familiare, vedi ad esempio il Principato di Sealand. Le novità sono perciò tante e soprattutto curiose. La NF-Board, infatti, organizza la cosiddetta VIVA WORLD CUP, una sorta di Campionato mondiale di calcio giocati nei vari Paesi che fanno parte della NF-Board stessa, quindi una Coppa del mondo fra Paesi senza Stato.

La prima edizione risale al 2006, vide la partecipazione di quattro squadre: Lapponia, Principato di Monaco, Camerun del Sud ed i padroni di casa dell’Occitania. Vinsero alla fine i lapponi che nella finale sconfissero, umiliandoli, i monegaschi per 21 ad 1.

Nel 2008 si tenne la seconda edizione in Lapponia, e parteciparono, oltre ai padroni di casa, campioni in carica, anche le rappresentative di: Aramea, Provenza, Kurdistan e Padania, la quale trionfò vincendo la finale contro l’Aramea per 2 reti a 0. L’anno dopo, in casa, i biancoverdi dell’Italia settentrionale bissarono il successo dominando tutto il torneo e conquistando di nuovo la coppa dopo il 2 a 0 inflitto al Kurdistan in finale. Le prossime edizioni si svolgeranno nell’isola di Gozo (2010) e nel Kurdistan (2011). Vedremo quale squadra avrà il merito e l’onore di sollevare al cielo il tanto ambito Nelson Mandela Trophy. L’associazione NF-Board, con sede a Liegi, è stata fondata dall’attuale Segretario Generale Luc Misson, avvocato dell'ex-calciatore belga Jean-Marc Bosman, quello della famosa sentenza che ha fatto storia.

Lo stesso Misson ha auspicato con fiducia ed ottimismo una stretta collaborazione con la FIFA, assegnando al Board il ruolo di "sala d'aspetto" per le "nazionali" che aspirano all'affiliazione alla Federazione Internazionale "ufficiale". Attualmente i membri sono 31 e si distinguono in ufficiali, provvisori ed associati. Quelli della prima categoria sono 18: Aramea, Camerun Meridionale (ossia la parte anglofona), Fiume, Groenlandia, Isole Chagos (nell’Oceano Indiano), Kurdistan, Lapponia, Molucche Meridionali, Occitania, Padania (che può annoverare nella sua squadra calciatori esperti e validi quali Maurizio Ganz e Gianpiero Piovani), Papua Occidentale, Principato di Monaco, Provenza, Repubblica Turca di Cipro del Nord, Rom, Somaliland (che può aspirare forse più di tutti a far parte della FIFA per il processo di indipendenza e di riconoscimento cominciato dal 1991), Tibet, Vallonia. Gli associati sono 3: Bassa Sassonia Meridionale, Repubblica di Saugeais (in Francia), Sealand (nel Mare del Nord).

Infine vi sono 10 membri provvisori: Casamance (regione del Senegal), Cecenia, Gozo (Malta), Isola di Pasqua, Kiribati, Masai, Sahara Occidentale, Sardegna, Yap (uno dei quattro Stati Federati di Micronesia), Zanzibar. La strada è dunque ancora molto lunga ed ardua, ma sembrano esserci delle buone premesse.

Allo stesso modo ci sono grande volontà e profuso impegno da parte di coloro che sostengono questa sorta di “mission impossible”, anche perché dal settembre del 2007 la N.F.-Board pubblica un bollettino informativo-divulgativo sulle proprie attività e sui membri dell'organizzazione, “N.F.-Board News”, in tre lingue (francese, spagnolo, inglese) a cura del giornalista sportivo italiano Antonello Gallo.

Allo stesso modo l’associazione si è dotata di un sito internet (www.nf-board.com) che presenta tutte le iniziative, i progetti, i programmi, le attività e le proposte per il futuro. Di sicuro sarebbe utile, funzionale e completo trattare maggiormente e nello specifico il discorso relativo alle motivazioni storiche e politiche delle rivendicazioni nazionali ed indipendentiste delle varie entità e specificità di cui sopra, ma questo probabilmente non è del tutto il contesto adatto, sia per evitare discorsi complicati, prolissi, sia perché parliamo di un argomento maggiormente indicato per altre indagini di settore e di discussione, ed anche per evitare possibili questioni riguardanti situazioni sociali e politiche particolarmente delicate ed in continuo divenire.

Ritengo comunque sicuro il fatto che sia importante introdurre, con un pizzico di curiosità, discorsi così profondamente legati alla realtà quotidiana e ai legami tra calcio e socio-politica.

Allo stesso modo penso che l’interesse e lo studio di questi argomenti potrebbe rappresentare ottimisticamente l’inizio di un incredibile processo di possibili cambiamenti e sviluppi futuri, in grado di rivoluzionare non solo le manifestazioni calcistiche, ma eventualmente ed in ultimo modificare, pur nelle dovute proporzioni, lo scacchiere europeo e l’assetto geo-politico mondiale.

Davide Girardello

 


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